Resistere a Mafiopoli

“Resistere a Mafiopoli”, questo è il titolo del libro che ho preso alla “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato” a Cinisi (PA).

Peppino è stato ucciso dalla mafia nel 1978, anno della mia nascita: il suo assassinio, avvenuto nelle stesse ore del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, è passato così alla storia contemporanea italiana, quella degli “anni di piombo”, quella che a scuola non ti insegnano perché il programma di storia, inesorabilmente, a malapena riesce ad arrivare alla seconda guerra mondiale.

“I codardi muoiono molte volte prima della loro morte…” P. Borsellino

Ho conosciuto la storia di Peppino e sentito parlare di Cinisi dopo aver visto, quasi per caso, il film “I 100 passi“. In quegli anni, oltretutto, si parlava ancora molto delle stragi di Capaci e Via d’Amelio (ieri è stato il triste anniversario della strage dove ha perso la vita il Giudice Borsellino e la sua scorta) e la mafia era ancora presente in TV.

Quest’anno, in occasione del “periplo siciliano”, ho voluto realizzare uno dei miei desideri: visitare la Casa Memoria.

Così, passando sull’autostrada ME-TP in direzione Palermo, dopo due giorni nel porto che fu capitale mondiale del traffico di droga, Castellammare del Golfo, prendiamo l’uscita per Cinisi, ridente paesino di mare.

Corso Umberto I di Cinisi

Non so dire perché, ma mi aspettavo che la memoria di quanto accaduto fosse presente nel paese: nulla, zero, un paesino anonimo che, passandoci per caso, nulla lascerebbe pensare su quanto vi è accaduto. Sarà che la Sicilia è terra di Mafia e la Mafia nasce da una società impregnata di cultura mafiosa, dove le tante persone oneste, per non avere guai, si rinchiudono nell’omertà e nel silenzio.

La casa di Gaetano “Tano” Badalamenti

Cinisi è così. Un Paese nato attorno alla sua Chiesa Madre sul lungo Corso Umberto I -incorniciato da verdi alberi di arancio- , dove vi è la casa della Famiglia Impastato, ed a 100 passi c’è la Casa di “Don Tano” Badalamenti, con la targa che ricorda “Bene confiscato alla Mafia”.

La targa a ricordo di Peppino Impastato

Arriviamo così alla “Casa Memoria”, una delle tante porte che si affacciano sull’assolato Corso. Una targa di marmo bianco ricorda Peppino Impastato.

La porta è aperta. Entriamo. Ci sono due ragazzi intenti a sistemare i libri che ci accolgono amichevolmente. Sono ragazzi che, volontariamente, aiutano l’associazione ad allestire il museo dedicato alla memoria di Felicia, la madre, e di Peppino. Ad un certo punto, mentre ci accompagnano nelle stanze che hanno visto la spietata crudeltà della Mafia distruggere una famiglia, entra Giovanni, fratello di Giuseppe “Peppino”: molto cordiale, ci stingiamo la mano presentandoci.

Giovanni Impastato, fratello di Peppino, davanti alla Casa Memoria

Ha l’aria stanca, forse di chi combatte da troppo tempo contro un potere troppo forte, portandosi sulle spalle la memoria della battaglia che suo fratello e sua madre, anche se con forme diverse, hanno combattuto contro la mafia ed il paese di Cinisi. Mia moglie, emozionata quasi quanto me, chiede gentilmente se può fare una dedica sul libro. Annuisce, con la cortesia e pacatezza tipica dei siciliani -popolo meraviglioso in una terra fertile e bellissima- e facciamo una foto, che rimarrà per sempre impressa nella nostra memoria.

Proseguiamo nel nostro viaggio in questa bellissima terra, martoriata dalla criminalità, e penso a quanto coraggio ha avuto Peppino a ribellarsi ad un sistema molto, troppo, forte, pagando con la propria vita. Il suo esempio deve esserci di sprono a non chinare la testa, a non ribellarsi, a non diventare complici di quella “cultura mafiosa” che, come un cancro, uccide.

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