Erano anni che desideravo visitare uno dei luoghi più tristemente famosi della seconda guerra: Sant’Anna di Stazzema.
Questo piccolissimo borgo arroccato in mezzo alle alpi apuane, circondato di verde e rigogliosa vegetazione, è stato teatro, il 12 agosto 1944, dell’omonimo eccidio, dove oltre 560 innocenti sono stati massacrati brutalmente da un commando di SS.
Non sono un feticista delle armi, della guerra, dei massacri. Ma vedere con i propri occhi, passeggiare tra quelle case, in quei boschi…è come sentire nuovamente intorno a sé le grida, le urla, gli spari di quella mattina.
Sembra incredibile pensare che solamente 70 anni fa è stato possibile tutto questo: oggi, nell’era dell’informazione globale, della rete, certi episodi sono come relegati ad un periodo storico troppo lontano per fare ancora paura. E invece, purtroppo, la mente corre veloce ai massacri avvenuti solo qualche decennio fa a poche centinaia di km ad est dell’Italia, quando il disgregamento della Yugoslavia ha visto la penisola balcanica teatro di violenze ed efferatezze drammatiche. Il massacro di Srebrenica né è triste esempio.
Ci sono poi i massacri silenziosi, quelli a cui non è dedicata una pagina su Wikipedia o una copertina di Internazionale. Massacri quotidiani, come quelli delle “vittime della crisi”, dei morti sul lavoro, degli incidenti stradali. Sono le “morti bianche”, a cui viene dedicato -forse- qualche minuto al tg della sera.
Ecco, lo sapevo: come al solito sono finito fuori tema. Anche stasera la mia mente vagabonda si lascia trasportare nel caos dei ricordi, dei pensieri.
Ma torniamo a Sant’Anna. Si parte da Pietrasanta e, seguendo le indicazioni, ci si inerpica attraverso 20 km di tortuosa strada di montagna. Stretta ma praticamente deserta, tra gli squarci del folto bosco si possono ammirare panorami mozzafiato sulla Versilia. Si superano alcuni piccoli borghi per arrivare, dopo 4 km di folta boscaglia, a Sant’Anna: quattro/cinque case, una chiesa, un museo in mezzo alla foresta, dove si sente solamente il rumore del vento tra gli alberi ed il canto degli uccelli di bosco.
Tutta la zona è stata proclamata “Parco Nazionale della Pace” e seguendo un sentiero sassoso, la “Via Crucis”, si raggiunge l’ossario posto sulla sommità della collina, dove oltre al monumento commemorativo c’è l’impressionante lapide con i nomi delle vittime, che si conclude con la scritta “ELENCO INCOMPLETO”.
Ho poi visitato il museo Storico della Resistenza, ad ingresso gratuito con offerta libera, dove sono raccolte testimonianze, documenti, fotografie, stralci di giornale relativi a quegli anni difficili e tragici: mi è rimasta impressa la tessera annonaria di razionamento, suddivisa per sezioni, a testimonianza e monito per le generazioni successive. Ci tengo anche a citare la presenza della sentenza di ergastolo per le 10 SS responsabili dell’eccidio, arrivata nel 2007 ad oltre 60 anni dai fatti: l’ennesima beffa per un popolo martoriato da atrocità e violenze inaudite.
Mentre ridiscendo verso valle, dopo la visita in questo luogo di pace, è ancora più chiara la lucida follia del mondo “contemporaneo”, che ancora fatica ad abbandonare il fallito modello consumistico ed a riscoprire, nella semplicità delle cose, il valore più grande che possiamo conquistare: il rispetto e la solidarietà.