La questione potrà sembrare anche banale ma, a pensarci bene, non lo è. Detta senza mezzi termini: perché in certi concorsi tecnico-amministrativi nella PA vengono presentati quesiti su software commerciale?
Il tutto nasce quando, per puro caso, ho dato un’occhiata alle domande che sono state rivolte ai candidati di un concorso per un ruolo Informatico presso un Ente pubblico italiano (le prove estratte sono generalmente pubblicate all’albo pretorio):
Tra le domande ve ne erano alcune dirette a verificare la conoscenza di specifiche funzionalità di Microsoft Office ma una, in particolare, ha colpito la mia attenzione: quella in cui si chiedeva “cosa contiene il campo “Ccn” in Microsoft Outlook?“.
Tralasciamo il fatto che la funzionalità “Copia carbone nascosta” (“Ccn”) non è propria di Microsoft Outlook ma di qualunque MUA, quindi la domanda poteva tranquillamente essere generica considerando che l’obiettivo pare essere quello di verificare l’uso del Ccn. Ma, ampliando la platea a tutto il novero delle domande incentrate su specifici prodotti e funzionalità di software e piattaforme proprietarie (Google, Microsoft, Amazon e via dicendo), onestamente non comprendo per quale motivo sia essenziale, soprattutto alla luce dell’art. 68 del CAD, che un candidato che sta concorrendo a un posto nella PA debba conoscere questi specifici software.
Per iniziare, ricordiamo il primo comma dell’art. 68 del Codice dell’Amministrazione Digitale, “Analisi comparativa delle soluzioni“, forse uno dei più sottovalutati e ignorati:
1. Le pubbliche amministrazioni acquisiscono programmi informatici o parti di essi nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica, a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le seguenti soluzioni disponibili sul mercato:
a) software sviluppato per conto della pubblica amministrazione;
b) riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione;
c) software libero o a codice sorgente aperto;
d) software fruibile in modalità cloud computing;
e) software di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso;
f) software combinazione delle precedenti soluzioni.
Non so cosa ne pensiate ma, personalmente, mi pare evidente la volontà del legislatore di incentivare l’uso di software libero FOSS all’interno delle PA. Una scelta dettata non tanto dal potenziale risparmio economico, peraltro non sempre presente, quando più da criteri molto più importanti quale la sovranità digitale ed evitare spiacevoli situazioni di lock-in.
È innegabile, tuttavia, che vi sia una forte necessità di incrementare le competenze digitali del personale della PA, come sottolineato con forza anche nel Piano Triennale ICT 2024-2026 di AgID, ma in nessuna parte è citata la necessità di sviluppare competenze specifiche su certe piattaforme, come può essere Microsoft Office o Google Docs.
Anche se il Rapporto della spesa ICT della PA 2022, pubblicato sempre da AgID (non sono riuscito a trovare quello relativo al 2023…), sottolinea come il “97% delle risorse destinate all’acquisto delle licenze sono per l’acquisizione di “Licenze SW Standard e Commerciali”” e solo il restante 3% per licenze di software sviluppato ad-hoc (purtroppo non è indicato, neanche per macro-aree, le tipologie di licenze acquisite), credo sia ancora piuttosto evidente la presenza importante di software proprietario nei sistemi ICT delle PA. A cui, ovviamente, fa eco anche l’omnipresenza delle piattaforme cloud dei GAFAM (penso a Microsoft nella Scuola italiana).
Se sotto gli aspetti gestionali può essere comprensibile per la PA doversi affidare ai grandi player del settore per soddisfare le proprie esigenze in ambito ICT, conseguenza anche della cronica scarsità di risorse economiche e di personale tecnico ICT nelle PA, questo non credo possa giustificare in alcun modo, soprattutto per concorsi generici, la presenza di domande mirate e specifiche su software proprietario.
Credo che un candidato, giusto per tornare all’esempio iniziale, debba sapere cosa è una Blind carbon copy in senso lato, non relativo a Microsoft Outlook. E deve anche sapere che Bcc è uno standard de-facto presente in tutti i MUA, non solo in Windows. Idem per le domande sui word processor o sui fogli di calcolo: seppure spesso non considerate, OpenOffice e LibreOffice hanno raggiunto un livello di maturità tale che possono agevolmente supplire alle esigenze dell’utente medio senza grandi sforzi.
A meno che non vi siano esigenze specifiche nel ruolo indicato nel bando (es. sistemista per server Microsoft Windows, una figura tecnica che dovrà usare AutoCAD o un designer/grafico che avrà a che fare con grafica vettoriale e Photoshop), i valutatori dovrebbero astenersi dal fare domande mirate sulle soluzioni commerciali ai candidati, puntando sulla verifica della competenza in merito alla funzione desiderata, non allo strumento usato.
2 comments
Secondo me quelle domande ci sono per semplice ignoranza, forse non hai idea di quanta scarsa conoscenza informatica ci sia nella PA. Quando ho fatto parte di commissioni concorso ( domani ne ho uno), se non ci fossi stato io la domanda standard sarebbe “che sw usi per scrivere una lettera? ” e la risposta attesa sarebbe “word”.
Ma semplicemente perché conoscono solo quello.
Qualche ente utilizza Libreoffice comunque.
Sul 97% di software proprietario, la maggior psrte penso siano gestionali di cui dubito ci sia una alternativa foss. Poi ci sarà sicuramente anche Office
Grazie. La tua testimonianza non mi sorprende affatto e sui gestionali di cui la PA è infarcita, la prima domanda che mi faccio è: quale percorso hanno fatto per scegliere proprio quel gestionale? Una valutazione comparativa su “n” soluzioni oppure qualcuno ha deciso e gli altri se lo son ritrovato, magari costretti a plasmare le procedure interne per soddisfare i vari vincoli di un software non sempre ben progettato? Comunque sia, torno a ripetere che le domande tecnico-informatiche nei concorsi della PA dovrebbero essere agnostiche, sempre.