“Si muore tutte le sere, si rinasce tutte le mattine: è così.
E tra le due cose c’è il mondo dei sogni.”
Henri Cartier-Bresson
Domani sarà il 25 aprile, anniversario della liberazione nazifascista dell’Italia. Suona quasi beffardo doverla festeggiare da reclusi in casa, privati della libertà che, invece, 75 anni tornò a risplendere sui volti dei nostri genitori, nonni e bisnonni.
Peraltro vien da ridere se si pensa alla circolare del Gabinetto del Ministro dell’Interno relativamente proprio alla festività del 25 aprile, indirizzata a Commissari e Prefetti, dove si dice che “si potranno, in qualche modo, ritenere consentite forme di celebrazione“…
In qualche modo. Ecco. Come non lo sappiamo, arrangiatevi, scatenate la fantasia. “Fate un po’ come ca..o ve pare”, ma state a distanza l’uno dall’altro.
Siamo lontani, lontanissimi, da quella brutta dimostrazione di forza dentro la chiesa di Soncino, con il carabiniere che intima a Don Lino di interrompere la celebrazione. Per poi multarlo. Ho visto il video e mi sono indignato. Davvero. E lo dico da ateo convinto quale sono. In un momento simile credo che anche i bisogni spirituali delle persone meritino rispetto, soprattutto se possono portare un po’ di conforto nella difficile quotidianità che stiamo affrontando. Restiamo umani.
Scusate la polemica. Non voglio urtare la vostra sensibilità. Io sono già abbastanza urtato da questi 50 giorni di quarantena, quindi perdonatemi se ho esagerato. Massimo rispetto per una celebrazione che ho sempre ritenuto importantissima e che, in qualche modo, dovrebbe animarci e stimolarci anche oggi a non arrendersi mai ai moderni conquistatori e alla facile tentazione di contrarre i nostri diritti civili faticosamente conquistati.
Parlando di liberazioni…beh, c’è anche chi attende disperatamente la liberazione dalla castità forzata causata dalla quarantena. Non tutte le coppie vivono sotto lo stesso tetto, soprattutto quelle più giovani (che, generalmente, sono anche le più “attive”), e la separazione forzata che si protrae ormai per quasi due mesi può mettere a repentaglio la stabilità emotiva. Il sesso è importante, inutile girarci intorno. Possiamo considerarlo un bisogno primario? Secondo me si. Non siamo animali da soma, dediti solo al lavoro e alla fatica: le relazioni sociali, l’amore, il sesso, fanno parte del nostro modo di essere…esseri umani! Eppure si parla sempre e solo di lavoro, di economia. Ma davvero, nel 2020, la nostra vita si è ridotta solo a questo? Se davvero crediamo che la società che abbiamo costruito abbia dato prova di tutta la sua debolezza a causa di un pezzetto di RNA arrivato dall’estremo oriente, dovremmo tutti riflettere su questo. Certe volte mi sembra quasi di essere un criceto dentro una ruota…sveglia, lavoro, casa, letto…sveglia, lavoro… alla fine, certo, ci si abitua a tutto. Anche a stare in casa. Anche a ripetere, ogni giorno per anni, lo stesso mantra: lavora, guadagna, spendi. Una comfort zone che è miseramente fallita. Impareremo dagli errori o, testardamente, saremo condannati a ripeterli ancora?
Ieri ho parlato dei bambini e delle famiglie, dimenticati dalla Politica. Oggi aggiungiamo all’a lista le coppie e le loro esigenze affettive.
Un nuovo studio effettuato dalla SIMA – Società Italiana di Medicina Ambientale – sembra confermare quanto già da alcuni sospettato: il CoVID19 si propaga anche attraverso le particelle di particolato ambientale, come il PM10. Ecco spiegato, forse, il motivo dei numeri esageratamente alti in zone particolarmente inquinate come la Lombardia e la Pianura Padana. Personalmente credo che quei numeri siano anche responsabilità delle scelte politiche fatte da alcuni amministratori. Ma, ripeto, è una opinione personale e, se mai, sarà la magistratura ad accertarlo. Tuttavia, che l’inquinamento atmosferico facesse male lo sapevamo già. Secondo l’International Council on Clean Transportation (Icct), l’Italia si colloca al 9 posto tra i Paesi con più morti dovuti allo smog: circa 7800 all’anno, di cui le zone di Milano e di Torino sono quelle con maggiore incidenza.
Unicredit potrebbe avere una bella gatta da pelare. Qualcuno, con indirizzo mail c0c0linuz@protonmail.com (ProtonMail è un provider svizzero famoso per la tutela della privacy dei suoi utenti), ha messo in vendita sul web un database contenente dati e credenziali (cifrate) di -dice lui- 150.000 dipendenti del colosso bancario internazionale. La notizia è stata data da Cyble, società di cybersecurity con sede a Singapore. Ne parla anche Il Manifesto, con un esplicativo e dettagliato articolo di Arturo Di Corinto. Da parte di Unicredit, al momento, non si registrano risposte. Voi, in una situazione simile, cosa fareste? Il GDPR parla chiaro e sicuramente una delle cose più importanti è dover verificare l’attendibilità dei dati. Potenzialmente, 150.000 dipendenti non sono pochi e questo comporterebbe far cambiare a tutti le proprie credenziali, quantomeno per poter mitigare il potenziale impatto del problema, è una operazione non da poco (e costosa) che richiede anche tempo. C’è poi da considerare il potenziale danno reputazionale, che per una Banca è sicuramente importante. Per ultimo, ma non meno importante, capire come e quando è avvenuto il data breach. Staremo a vedere cosa accadrà nei prossimi giorni.
Per finire vi segnalo un interessante articolo sull’app Immuni e sul perché concedere di essere tracciati a una azienda privata (Google, Facebook, Apple…) non è la stessa cosa che concederlo a un Governo. Fosse anche solamente che l’azienda privata userà i vostri dati per fare soldi, un Governo potrebbe usarli per sanzionarvi, per arrestarvi o chissà cos’altro. Anche su questo argomento, al di là di simpatici meme che circolano in rete (“hai spiattellato la tua vita su Facebook per 10 anni e ora rompi le scatole per una app che ti salva la vita?”), vale la pena rifletterci su.
Come eroe del giorno volevo citare l’On Caiata che ha dichiarato di non voler riaprire il ristorante in Piazza del Campo. Poi ho cambiato idea. In tutta sincerità, del suo ristorante e di lui stesso, non me ne importa un bel niente.
Nella foto: una ape raccoglie il polline sul fiore di un melo cotogno.