“La scatola della pizza è quadrata, la pizza è rotonda e le fette sono triangolari. Conclusione; niente nella vita ha un senso.“
Stamani molti si sono svegliati con una spolverata di neve fuori dalla porta. Menomale che dobbiamo stare in casa! Questo ci ricorda il famoso detto “quando le cose vanno male, non lamentarti: potrebbero sempre andar peggio. Potrebbe nevicare!“.
Con così poco traffico sulle strade, la tecnologia si sta spostando sulle file al supermercato. Nascono così dei portali, come dovefila.it, che mostrano i tempi di attesa per fare la spesa. Ottime iniziative, che dimostrano ancora una volta come la tecnologia può aiutarci a organizzare le necessità quotidiane, anche in tempi difficili.
Si può scegliere sia il supermercato con meno coda che quello con più coda, per chi vuole prendere una boccata d’aria avendo la scusa e non aumentare il numero dei già 115.000 denunciati.
In molte città sono partite iniziative per la consegna a casa dei piatti preparati dai ristoranti. A Siena, il “ristorante a portata di click” è al sito web si-mangia.com. Ancora il servizio non è partito, nel senso che stanno ancora raccogliendo le disponibilità dei ristoranti. Il lockdown sarà probabilmente ancora lungo ma sarebbe bene che il tutto partisse prima che le famiglie finiscano i soldi…
A Roma la pizza farcita è vietata. In tempo di lockdown, solo pizza bianca, rossa e focacce: la mozzarella sulla margherita, a quanto pare, favorisce gli assembramenti. Meglio prevenire.
In Abruzzo, a Montesilvano, un runner non ha preso molto bene i rimproveri della vicina che, dalla finestra, gli intimava di rispettare la quarantena e di “restare in casa”. La vicina si è ritrovata, in lacrime, con la macchina distrutta a martellate. Ampio dibattito tra chi da ragione al runner e chi alla vicina, che doveva farsi gli affari suoi.
Nel mentre, a Marciana (LI), una infermiera si è vista cacciare dall’unico market aperto nel piccolo comune elbano. “Tu resta fuori, sei un’infermiera, e porti in giro quella schifezza di virus” avrebbe detto un commesso, impedendone l’accesso. In tempi di crisi c’è pure chi si permette di mandar via i clienti…
Negli USA, in Florida, i termometri smart della Kinsa stanno rilevando un incremento medio della temperatura corporea. Possiamo verificarlo direttamente dal portale U.S. Health Weather Map, sponsorizzato proprio dall’azienda produttrice dei termometri che si connettono a Internet e condividono i dati della temperatura corporea dei loro proprietari.
È stato interessante vedere una applicazione commerciale di come sta evolvendo tecnologicamente anche il mondo della diagnosi medica: questa azienda ha sviluppato una app da installare sullo smartphone, che raccoglie e analizza i dati raccolti dal termometro e fornisce anche indicazioni mediche su come comportarsi. Un po come previsto anche da Yuval Noah Harari nel suo interessantissimo libro “21 lezioni per il XXI secolo”, nel prossimo futuro alcune professioni subiranno pesanti stravolgimenti. E la professione medica, grazie all’AI, molto probabilmente sarà una di queste.
In netta contrapposizione, arrivano sempre più testimonianze di come la nostra scuola non sia affatto pronta per il 2.0, tra chat su Skype in mano al bulletto (tecnologico) della classe all’utilizzo di strumenti non sempre compatibili. A questo aggiungiamoci pure che l’infrastruttura tecnologia italiana non è assolutamente adeguata a questo tipo di utilizzo (su, alzate pure la mano: quanti di voi non hanno l’ADSL a casa?), a cui si aggiunge la vana convinzione che le famiglie abbiano (e sappiano usare) tutti gli strumenti digitali necessari. Una divertente testimonianza de “La scuola pubblica italiana ai tempi del coronavirus” la trovate su Micromega.
“Babbo, andiamo al parco?” mi ha chiesto oggi mio figlio, 4 anni, da due settimane agli arresti domiciliari insieme a me e sua mamma (quando non è al lavoro). Difficile e complicato affrontare questa situazione con un bambino piccolo. Al quale, per nostra scelta (non so ancora se giusta o sbagliata), abbiamo deciso di non spiegargli cosa sta accadendo. Un po’ alla “Vita è bella“, proseguiamo le nostre giornate nel massimo della normalità possibile. Una normalità resa ancora più difficile dall’ultima “stretta” che ha imposto la chiusura di tutti i parchi e centellinato ancor di più le occasioni di prendere una boccata d’aria fresca. Forse un giorno, leggendo sui libri di storia di quanto accaduto in questi mesi, ci chiederà “babbo, mamma, ma io dove ero?“. Lo spero, perché lui e tutti gli altri bambini non hanno alcuna colpa né responsabilità della pesantissima situazione che stanno vivendo. Spero però che, crescendo, sappia impedire meglio di noi che accada di nuovo.