25° giorno – Errori, orrori, paure

“La più antica e potente emozione umana è la paura,
e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto.”
Howard Phillips Lovecraft

Stamani son dovuto andare in ufficio, per una indispensabile esigenza lavorativa. Dopo 24 giorni chiuso in casa, l’ansia di dovermi recare al lavoro era talmente forte da avermi reso difficile riuscire ad addormentarmi. Di cosa avessi realmente paura non lo so. O forse si: avevo il terrore di essere fermato da un posto di blocco. Sottoposto all’interrogatorio tipo “chi siete? quanti siete? cosa trasportate?“, dover sottoscrivere una auto-dichiarazione per attestare che conosco tutte le normative nazionali e locali sulla quarantena. Rischiare di essere sanzionato se non fossi riuscito a convincere le autorità che la mia presenza fuori casa rientrava nelle casistiche autorizzate.

Assurdo? Chissà. A Firenze, intanto, è stato sanzionato un padre che aveva portato il figlioletto sotto casa e le sue rimostranze hanno ottenuto, a quanto si legge, solo un laconico “faccia ricorso” da parte degli agenti.

Ho fatto il percorso più breve possibile per il tragitto casa-lavoro, trovando zero traffico e zero posti di blocco. Ci sarebbe stato ben poco da bloccare, viste le strade praticamente deserte! Fontebranda, dove ho parcheggiato, deserta. Un silenzio irreale lungo le principali vie –deserte– della città. I negozi tutti chiusi, le saracinesche abbassate, le vetrine spente.

La Croce del Travaglio, da sempre uno dei principali –e affollati– snodi cittadini, solo e silenzioso.

È qui che ho visto, in tutta la sua drammaticità, cosa significa vivere il lockdown. Un dramma sociale ed economico senza precedenti, paragonabile forse al periodo di guerra. Anche se qui, oggi, stiamo combattendo contro un nemico invisibile e insidioso.

Non è una guerra ed è pericoloso pensare che lo sia perché in questa cornice risultano legittimate derive autoritarie“, precisa però Annamaria Testa, in un suo un ottimo articolo di pubblicato su Internazionale, sottolineando come l’uso di certe scelte lessicali sia talvolta strumentale e funzionale a preparare il popolo a scelte dure e dolorose. Certamente descrivere la lotta che il mondo sta affrontando contro la pandemia da CoVID19 come una “guerra” aiuta a polarizzarne la visione nella classica dicotomia amici/nemici. Una polarizzazione ben presente e voluta sin dall’inizio, identificando gli eroi e gli untori. I bravi e i cattivi. I generosi e i cattivi. Io preferisco pensare che questa situazione sia un problema che ci riguarda tutti e che dovremmo affrontare con spirito di solidarietà e unità, tra vicini, tra lontani, tra i popoli.

A Mestre hanno scoperto che è stata proprio la vicinanza, quella fisica tra le persone, favorita dal centro commerciale ad aver amplificato il numero dei contagi. Pur trascorrendo le giornate nell’isolamento casalingo, sarete sicuramente andati a fare la spesa. Vi sarete quindi resi conto come tutte le precauzioni che in teoria dovremmo tutti rispettare, come la distanza di almeno 1-1,5mt l’uno dall’altro, in mezzo agli scaffali pieni di merci sono molto molto difficili da mantenere. La soluzione, ovviamente, ci sarebbe. Ce ne sono diverse, di cui una da me proposta in uno dei primi post di questo diario. Ad oggi cosa è stato fatto? Lunghe file ordinate fuori dal supermercato, anche per ore, mentre all’interno…beh, si può fare di meglio, non credete?

Tra l’altro, a proposito di supermercati, qualcuno potrebbe cortesemente spiegarmi come mai alcuni scaffali di merci ritenute “non di prima necessità” (es. cartoleria, matite, pastelli, giochi…) sono stati sigillati? I nostri figli devono poter studiare, lavorare e anche giocare. E certo matite e altra cartoleria non sono meno indispensabili delle colombe pasquali e delle uova di cioccolato, così come dei deodoranti e di mille altre merci inutili, ancora in vendita. Certe decisioni sono assolutamente incomprensibili, almeno per il sottoscritto. Per fortuna che qualcuno in Piemonte se ne è accorto, rimediando prontamente alla bischerata….

Ieri sera ho visto l’intervista di Latella alla Ministra Lamorgese in merito alle misure che intendono adottare per contenere il contagio da CoVID19. In particolare, quando Latella chiede dettagli in merito al tracciamento dei positivi, privacy e gestione dei dati di geolocalizzazione, la ministra inizia un arzigogolato ragionamento, a tratti del tutto incomprensibile, che non mi ha minimamente rassicurato. Oltre a evidenziare quanto la classe politica che ci governa abbia seria difficoltà nel comprendere le tecnologie, non ho ben capito la parte in cui dice che “…queste sim vengano immesse in un circuito di controllo da parte delle forze di polizia perché ci sia un percorso nella logica che seguiamo sempre…” (ringrazio Fabio Pietrosanti per il tweet). Chi vorrà spiegarmelo è, ovviamente, il benvenuto.

Iniziano a uscire le prime magagne informatiche dovute alla frettolosità con cui vengono trovate soluzioni “digitali” ai nuovi problemi. Iniziamo con lapp LAZIOdrCOVID, di cui abbiamo già parlato qualche giorno fa. Secondo una interessante e dettagliata analisi di Giovanni Rocca, ci sono seri e importanti problemi che potenzialmente possono mettere a repentaglio i diritti e le libertà degli utilizzatori. ATTENZIONE: l’articolo è molto tecnico e potrebbe non essere comprensibile ai non addetto ai lavori.

Noi italiani siamo incredibili nel saper sdrammatizzare tutto con ironia. Ne è la prova l’account Instagram @autocertificazioni_illustrate, che raccoglie “autocertificazioni illustrate senza nessun valore legale“. La burocrazia che fa sorridere. Anche se sono risate amare.

L’eroe del giorno è il ciclista pugliese che, a Otranto, si è buttato in mare per cercare di sfuggire all’identificazione e relativa sanzione. Questo ciclista, per evitare di essere sanzionato, ha preferito entrare in mare nella speranza che gli agenti desistessero dall’identificazione. A quanto pare gli è andata male: gli agenti hanno atteso pazientemente che si arrendesse, per poi multarlo. Un tragicomico episodio decisamente emblematico della situazione in cui siamo scivolati.

Harward boccia le misure di contenimento adottate dall’Italia. Lo fa in un articolo “Lessons from Italy’s Response to Coronavirus” pubblicato sul loro sito web, dove criticano in modo pesante la lentezza nel comprendere a pieno, e quindi di reagire correttamente, il pericolo imminente.

Le minacce come le pandemie che si evolvono in modo non lineare (per esempio, iniziano in piccolo ma si intensificano in modo esponenziale), sono particolarmente difficili da affrontare a causa delle difficoltà nell’interpretare in modo rapido ciò che sta accadendo in tempo reale

Il momento ideale per l’azione è all’inizio, “quando la minaccia sembra essere piccola” o inesistente. “Se l’intervento funziona davvero, sembrerà a posteriori come se le azioni forti fossero una reazione eccessiva. Questo è un gioco che molti politici non vogliono giocare”. 

Sfortuna, errori, frammentazione: Harvard boccia le misure italiane anti-coronavirus, Huffington Post

Non me la sento, sinceramente, di essere così severo. Non sono tipo che risparmia critiche, se le ritiene opportune. Ma la situazione è nuova ed è facile, col senno del poi, aprir bocca. Certamente una analisi critica servirà ad aiutare gli altri Paesi a non fare i nostri errori e, chissà, magari anche a evitare a noi stessi di farne ulteriori.

Per finire, arrivano le previsioni regione per regione sulla data di fine dei contagi. Prima la Lombardia, prevista per il 22 aprile. Ultima la Toscana, 5 maggio. Scusate ma personalmente credo poco alle previsioni. Dicono che piove e poi c’è il sole. Dicono che sarà bello ma poi piove. Farci la bocca, come si dice a Siena, potrebbe farcela battere ancor più forte. Stiamo a vedere che succede nei prossimi giorni, che è meglio.

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