A proposito delle valutazioni comparative

“Non creare mai un problema di cui non sai la soluzione.
Corollario: crea problemi di cui tu solo sai la soluzione.”
Regola di Burke

La provincia di Bolzano sarà l’apripista per vedere, finalmente, attuato l’art. 68 del CADCodice Amministrazione Digitale– sull’obbligo, per le PA, di effettuare le valutazioni comparative prima di ogni acquisizione software?

1. Le pubbliche amministrazioni acquisiscono programmi informatici o parti di essi nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica, a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le seguenti soluzioni disponibili sul mercato:
a) software sviluppato per conto della pubblica amministrazione;
b) riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione
c) software libero o a codice sorgente aperto;
d) software fruibile in modalità cloud computing;
e) software di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso;
f) software combinazione delle precedenti soluzioni.

Art. 68 Codice Amministrazione Digitale

Al di là della vicenda in sé, che comunque è interessante e rischia di creare un “pericoloso” (per alcune PA) precedente (potete leggere maggiori dettagli qui: PROVINCIA: LA VALUTAZIONE COMPARATIVA NON È FACOLTATIVA), il principio della “valutazione comparativa” dovrebbe servire a scardinare la tristemente diffusa consuetudine di acquistare software senza prima valutare le esigenze.

In sostanza, la normativa definisce un elenco di priorità a cui far riferimento prima di procedere all’acquisizione di licenze software proprietario.

La prima è il “Riuso delle soluzioni e standard aperti” (art. 69 del CAD), che vede già un interessante elenco messo a disposizione gratuitamente da alcune PA italiane sul “catalogo del software open source a disposizione della Pubblica Amministrazione“.

In seconda battuta, si dovrebbe procedere alla valutazione di soluzioni FLOSS per rispondere alle esigenze specifiche. Ad esempio, nel caso vi sia l’esigenza sporadica di fare del normale fotoritocco su immagini JPG, non c’è alcun motivo di acquisire una costosa licenza per Adobe Photoshop: probabilmente è sufficiente ricorrere a The Gimp, che offre caratteristiche e prestazioni del tutto adeguate anche all’utenza più avanzata. Per esigenze sporadiche, si possono usare anche strumenti online come Pixlr.

Idem per quanto riguarda molte postazioni informatiche destinate a essere usate per la navigazione in Rete e poco più: talvolta una distribuzione GNU/Linux come Mint o ElementaryOS potrebbe funzionare meglio e più velocemente di una analoga postazione con MS Windows.

Lo step successivo dovrebbe essere la valutazione di soluzioni SAAS (Software As A Service). Ad esempio, per semplici esigenze di ufficio come la redazione di testi, lettere e semplici fogli di calcolo, così come presentazioni, una piattaforma cloud come Google Workspace o CryptPad (preferibile perché open source) può essere più che sufficiente. Al posto di onerose licenze MS Office, ad esempio, e sempre che non si voglia/possa puntare su LibreOffice.

Solo nel caso vi siano esplicite esigenze a cui queste soluzioni non possono dare risposta si può procedere con l’acquisizione di licenze di software commerciale. Il tutto, ovviamente, dovrebbe essere documentato e messo agli atti prima dell’acquisizione.

A tal proposito, ricollegandosi alla vicenda della Provincia di Bolzano di cui ho parlato in apertura, vale la pena riprendere la parte finale della lettera che l’AgID ha inviato all’Ente, dove ricorda che “il mancato avvio delle attività necessarie a porre rimedio e il mancato rispetto del termine perentorio per la loro conclusione rileva ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165“. Sempre che, come qualcuno suggeriva, la Corte dei Conti non decida di valutare eventuali danni erariali.

Oltre alla motivazione economica, però, credo che ci sia una questione ancora più importante: la sovranità dei dati e delle piattaforme usate dalla PA. Permettere a soluzioni commerciali e chiuse di gestire e manipolare i dati della Pubblica Amministrazione, senza avere la possibilità di conoscerne i meccanismi di funzionamento e di gestione stessa, provoca una perdita di sovranità sui dati stessi. Attraverso un meccanismo chiamato “lock-in, inoltre, si genera una pericolosa dipendenza con il produttore (“ho tutti i dati salvati nel formato XXX, devo continuare a pagare il fornitore di XXX per accedervi!”) che rischia di causare danni importanti alla struttura portante dello Stato. Non è un caso se, sempre il CAD, pone attenzione alla questione dei formati digitali in cui sono gestiti e conservati i dati della PA: sono i dati, e la possibilità di accedervi, a rappresentare un elemento essenziale per la continuità operativa della pubblica amministrazione!

Non sarà facile uscire dalla “logica” attuale, sostenuta anche da una idea distorta di quello che la PA italiana è: elemento imprescindibile per l’esistenza stessa di uno Stato sovrano, che attraverso la Pubblica Amministrazione fornisce servizi ai cittadini, nel rispetto della Costituzione. Sta a noi cittadini chiederne, con forza, un miglior funzionamento e il rispetto delle normative, non subirne passivamente le inefficienze: gli strumenti ci sono (FOIA, AgID, Difensore Civico, Garante per la protezione dei Dati Personali….), attendono solo di essere usati.

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