Attacco all’ultimo bene comune

L’attacco ai beni comuni (acqua, cultura, paesaggio…) iniziato già da qualche anno, sta arrivando a compimento. Ne è l’ultimo esempio il trattato TTIP, tra USA ed Europa, del quale neppure i deputati europei hanno possibilità di prendere adeguata visione (ma sono comunque chiamati a votarlo, dietro la spinta di potenti lobby transnazionali).

La stessa strategia viene ovviamente attuata a cascata, ad iniziare dalle nazioni per scendere verso i comuni e le amministrazioni locali italiane, vere miniere d’oro di un patrimonio storico-artistico di inestimabile valore, spesso trascurato o non adeguatamente valorizzato da amministratori locali troppo ignoranti, incapaci o provinciali. Ed è un patrimonio che, ovviamente, fa gola a tante realtà imprenditoriali spesso legate a doppio filo con la politica, come denuncia spesso Montanari nei suoi articoli.

E così dopo l’acqua, che a dispetto dell’esito referendario del 2011 è ancora saldamente nelle mani di privati come Acea, GDF, Veolia, Suez…, adesso è il turno della cultura, intesa più propriamente come beni culturali.

Del resto il nostro Paese sembra essere totalmente incapace di gestire e di tutelare il proprio patrimonio artistico, come dimostrano gli sconcertanti avvenimenti dei crolli a Pompei o i numerosi musei chiusi o abbandonati a loro stessi. E così questo ha aperto il varco a realtà private che, ben inserite nel mondo politico, si avvalgono di amicizie più o meno interessate per arrivare a farci assegnare la gestione di quel museo, l’appalto per quella mostra, il marketing per un certo evento etc etc etc, in una sorta di fast-food culturale dove conta l’apparenza e ben poco la sostanza, dove si cerca il l’evento “bigliettabile” a quello di alto profilo, dove vengono esposte e sfruttate commercialmente (e talvolta deturpate) opere appartenenti ad una intera collettività, come è il caso dei Pavimenti del Duomo di Siena.

In spregio di qualsiasi peculiarità dei contenitori, si propongono mostre e spettacoli spesso avulsi dal proprio contesto, come la Zumba al Santa Maria della Scala, che rimarrà nella storia cittadina -ed Italiana- come uno degli esempi di miopia culturale dell’amministrazione in carica.

O come sta avvenendo adesso, sempre a Siena, con lo svuotamento di parte della Pinacoteca Nazionale, deciso dal soprintendente dott. Scalini, che -come denuncia attraverso una lettera aperta un gruppo di laureati e laureandi in Storia dell’Arte dell’Ateneo senese- andrà a “relegare la sola “collezione Pratesi” nel palazzo della Soprintendenza, in spazi non idonei alla conservazione e all’esposizione (in prevalenza uffici), ne limiterà notevolmente la fruibilità pubblica compromettendo al contempo le possibilità di libera ricerca. Si sceglierà davvero di andare ad ammirare queste poche opere, in una città già palcoscenico di un turismo “mordi e fuggi”? Il fatto che la Pinacoteca rimarrà mutila di un importante nucleo di opere lascia spazio a delle perplessità circa le motivazioni della scelta.” (Fonte: La Pinacoteca Nazionale di Siena si “sveste”).

L’attacco al bene culturale è una operazione subdola, messa in atto in un momento di smarrimento sociale, politico e culturale, con un Paese attanagliato da una crisi economica pesante e, soprattutto, da incertezze sul proprio futuro. Questa condizione fa sì che il rischio connesso al saccheggio dei beni artistici e culturali italiani non venga adeguatamente compreso dai cittadini, lasciando campo libero a delinquenti senza scrupoli.

E’ nostro compito di amministratori pubblici solleticare la coscienza collettiva nella giusta percezione di cosa rappresenta il patrimonio storico ed artistico: le nostre radici, la nostra storia, il nostro futuro. Senza storia, infatti, saremmo solamente figure dannate, galleggianti in un eterno presente, senza passato e senza futuro, come gli ignavi del canto terzo della Commedia.

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