Ricordo bene l’unica volta, in 5 anni di volontario soccorritore sulle ambulanze d’emergenza, che utilizzai il DAE, Defibrillatore Automatico Esterno. Si trattava di un paziente che lamentava un forte dolore al petto e così, in attesa che arrivasse il medico del 118, insieme agli altri soccorritori decidemmo di collegare le due piastre del DAE sul torace del paziente ed eseguire la procedura che ci era stata insegnata durante il corso di abilitazione al 118 senese.
Non ricordo come andò a finire con il paziente (sicuramente bene) ma ricordo perfettamente che la voce elettronica del DAE disse che non vi era alcuna patologia in corso per il quale potesse essere utile.
Erano i primi anni del 2000 (forse 2001-2002) ed iniziavano a comparire i primi defibrillatori automatici, inizialmente installati sulle ambulanze di emergenza. L’uso era piuttosto semplice (attacchi le piastre e premi il pulsante) ma, per acquisire comunque la sicurezza e la tranquillità necessaria nel collegare un apparecchio potenzialmente mortale, un breve corso di addestramento fu necessario.
Ricordo bene anche il corso e le tante domande, soprattutto sull’aspetto legale come conseguenza dell’uso del dispositivo: se il DAE rileva la necessità di “scaricare” (defibrillare) e premo il pulsante, chi si assume la responsabilità del gesto ?
Sul piano legale ricordo ci furono rassicurazioni ma i dettagli, complice anche i molti anni passati, non sono in grado di scriverli.
Improvvisamente, da circa un paio di anni, è tornata fortemente in auge la “moda” del DAE, complice il Decreto Ministeriale del 24 aprile 2013 del Ministero della Salute, che nell’allegato E “LINEE GUIDA SULLA DOTAZIONE E L’UTILIZZO DI DEFIBRILLATORI SEMIAUTOMATICI E DI EVENTUALI ALTRI DISPOSITIVI SALVAVITA” indica chiaramente le modalità di utilizzo e gli obblighi delle societa’ sportive, sia
professionistiche sia dilettantistiche, di dotarsi dei defibrillatori semiautomatici esterni.
Interessante il preambolo di quest’ultimo documento:
Attenzione ad un aspetto importante che, più sopra, ho sottolineato: personale non sanitario certificato all’utilizzo. Questo evidenzia molto chiaramente che la presenza di un DAE può essere significativa per raggiungere quella percentuale stimata del 30% di morti in meno in caso di ACC ma che non è, da solo, condizione sufficiente perché questo avvenga: ci vuole personale addestrato in grado di intervenire repentinamente.
Ci tengo particolarmente a sottolineare questo aspetto perché purtroppo le “mode”, soprattutto quelle “politiche”, anche se animate dalle migliori intenzioni, con la foga di voler dimostrare e di voler apparire, tendono a sottovalutare aspetti che di dimostrano essenziali per la buona riuscita dell’iniziativa.
In questo caso, infatti, si parla tanto della necessità di installare ovunque sia possibile i DAE (parlo ad esempio dei progetti delle città cardio-protette, come è Siena), talvolta però minimizzando la necessità -per rendere effettivi i vantaggi del progetto- di addestrare la cittadinanza.
Anche in questo caso, infatti, l’ormai tradizionale ed italica “politica degli annunci” ha colpito in pieno nel segno: tra percezione ed effettiva sicurezza passa la necessaria formazione dei cittadini. Qualcuno c’ha pensato ?