Bebe Vio, la tesi e il backup

TL;DR L’atleta paraolimpionica Bebe Vio è stata derubata della sua borsa, contenente anche il pc dove aveva l’unica copia della sua tesi di Laurea. Eppure, sarebbe bastato poco per evitare il rischio di perdere tutto, ad esempio usando servizi in cloud. Possibile, però, che uno studente che sta per laurearsi non lo sappia?

Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio Grandis, campionessa di fama mondiale conosciuta come Bebe Vio, la sera del 25 aprile ha subito il furto della sua borsa dove “oltre ai documenti, i soldi e tutto il resto, il pc nel quale era salvato il file della tesi che a breve Bebe dovrebbe consegnare per potersi laureare.“[1]

L’appello dell’atleta, divulgato a mezzo social e ripreso dai media, offre lo spunto per una riflessione su come una giovane del ’97, una “nativa digitale” che usa i social e la Rete, ignori un aspetto critico come il backup dei propri dati e la sicurezza del proprio portatile in un momento importante come quello verso la discussione della tesi.

Premetto che mi dispiace moltissimo per quanto accaduto a Bebe Vio ma, lavorando in un Ateneo, purtroppo posso confermare che episodi simili sono tutt’altro che rari: studentesse e studenti in lacrime per aver perso la tesi, magari salvata solamente sulla chiavetta USB o su un hard disk portatile che è stato perso, rubato o, semplicemente, si è rotto.

Ragazzi chiamati dalle generazioni più avanti d’età “nativi digitali”, come se l’essere nati in una società ipertecnologia avesse loro infuso automaticamente competenze che, come chi lavora nell’abito ICT ben sa, sono frutto di formazione e di esperienza, spesso di anni.

A pensarci bene, però, anche nel mio corso di laurea in una facoltà umanistica nessuno mi ha spiegato le basi della sicurezza informatica. Non ci giurerei, che son passati anni, ma non ricordo che qualcuno mi avesse mai detto che i dati importanti vanno salvati in backup secondo la regola 3-2-1 (3 copie in due posti diversi di cui uno off-line) e che, per precauzione, è bene proteggere tutti i dispostivi mobili, notebook compreso, per evitare che in caso di furto o smarrimento chiunque potesse accedervi.

Non c’è bisogno di essere un esperto di sicurezza informatica per capire quanto siano importanti i dati che conserviamo sul notebook o sullo smartphone, soprattutto se ne facciamo un uso “normale”: e-mail, documenti di lavoro, contatti, chat, foto, posizione, accesso al conto corrente e via dicendo…

Davvero questi dati non meritano neppure una cifratura del disco e una password? E i documenti importanti, come una tesi di Laurea, davvero non merita neppure qualche megabyte di spazio su un banale cloud, come Dropbox, Mega o Google Drive?

Penso che se qualcuno le avesse insegnato queste semplici precauzioni, così come si sono preoccupati di insegnare molte altre precauzioni comunemente adottate nella quotidianità, Bebe Vio non avrebbe avuto bisogno di fare alcun appello: avrebbe acceduto al cloud e recuperato tutto, in pochi istanti. E penso anche che dormirebbe più serena, sapendo che il suo notebook è protetto da password sicura e l’hard disk cifrato.

Soft skills, come va di moda chiamarle, che pochi si prendono la briga di insegnare a questi ragazzi cresciuti a social e smartphone. A contatto sin dalla giovanissima età con strumenti digitali pericolosi, di cui spesso i genitori ne ignorano le conseguenze. “Cosa vuoi che succeda a stare davanti a un monitor?” ho sentito dire, ignari dei rischi e delle conseguenze che un uso sbagliato di questi strumenti può avere.

Per finire, quindi, penso che Bebe Vio sia solo l’ennesima vittima di una società che continua a ignorare l’importanza della formazione sui rischi e pericoli del mondo digitale, che tutti ormai siamo praticamente obbligati ad usare. A partire dalla scuola e dall’Università, che dovrebbero prevedere corsi obbligatori di sicurezza informatica da erogare a tutti gli studenti, perché sappiano davvero usare al meglio le enormi potenzialità offerte dall’Era contemporanea. Altrimenti, purtroppo, si rischia semplicemente di esserne vittime.

1. Bebe Vio, appello al ladro dopo il furto della borsa: “Tieniti tutto ma non la tesi”, Il Tempo

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1 comment
  1. No, sono cresciuto nell’era in cui Linux cominciava a farsi conoscere e i backup erano fondamentali e quotidiani se non volevi perdere il lavoro fatto, erano le basi salvare ogni 5 minuti e alla fine fare una copia su altro drive, e nonostante queste abitudini mi è capitato di perdere dati importanti, in questa epoca è ancora più importante la cultura della sicurezza che purtroppo viene sempre sottovalutata e considerata una perdita di tempo, finché non accade questo, mi dispiace tanto per Bibi ma saprà rialzarsi più forte di prima. Auguri di cuore.

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