“L’anonimato ha un vantaggio sulla popolarità: dura più a lungo.”
Roberto Gervaso, Il grillo parlante, 1983
Gran parte degli utenti di Internet credono che il browser, quel programma che utilizziamo per “navigare in Rete”, sia semplicemente uno strumento di visualizzazione. Come una TV, si sceglie il “canale” e si visualizza il risultato. Questa idea non era del tutto falsa, almeno all’inizio del’era www, nata dalla mente di Tim Berners-Lee nel 1990. Inizialmente, infatti, il browser era semplicemente un interprete del linguaggio HTML che visualizzava a schermo le informazioni. Con gli anni, poi, anche la tecnologia dei browser si è sviluppata, prima con l’avvento degli applet Java (che, caricati dal sito web remoto, venivano eseguiti sul dispositivo dell’utente e permettevano una certa interazione) e poi con la tecnologia JavaScript, ancora oggi la più utilizzata per interagire con l’utente in maniera dinamica.
Se da un lato queste nuove tecnologie hanno permesso una evoluzione dei servizi disponibili via web, la sempre maggiore integrazione tra server e client ha portato ad una sempre maggiore invasività nella nostra privacy, non sempre a fin di bene. Infatti, tra cookies, javascript, applet e via dicendo, navigare sul web oggigiorno ci espone ad una serie di rischi che è sempre opportuno conoscere, anche solo per poter liberamente scegliere fino a dove siamo disposti a rinunciare alla nostra riservatezza.
Per avere una idea delle informazioni che il nostro browser invia ai server remoti durante la nostra navigazione in Rete, sono nati dei siti web che ci aiutano a valutare il grado di rischio a cui siamo sottoposti.
Uno di questi siti è What every Browser knows about you (http://webkay.robinlinus.com) che visualizza a schermo una pagina web contenente tutte le informazioni che il server è stato in grado di capire su noi, con alcuni consigli su come migliorare la privacy della nostra navigazione in rete.
Sempre da parte dello stesso autore, è possibile anche verificare a quali servizi siamo attualmente registrati (e che ogni sito web che visitiamo può scoprire) da questo sito web: Your Social Media Fingerprint (https://robinlinus.github.io/socialmedia-leak/)
Se siete rimasti sconvolti dalla quantità di informazioni che riveliamo ogni volta che navighiamo in Rete, sappiate che questo è solo la punta dell’iceberg: come più volte detto, la privacy vera, in Rete, non esiste e la volontà di identificarvi dipende solamente dalla quantità di soldi che sono disposti a spendere per farlo.
Tuttavia, per la maggioranza dei comuni mortali, senza necessariamente dover diventare paranoici e ricorrere a strumenti di navigazione anonima come TOR, spesso è sufficiente installare alcuni ausili per migliorare la sicurezza del nostro browser, come ad esempio il plugin gratuito uBlock.
Giusto per fare un esempio, dopo aver installato ed attivato uBlock sul mio browser Chromium, ho visitato la pagina di Repubblica.it per scoprire che sono state bloccate 8 richieste che “potenzialmente violano la mia privacy”: consultando i log, sono quasi tutte relative a sistemi pubblicitari che sfruttano le informazioni relative alla posizione e gli account collegati per massimizzare la pubblicità che mi verrà mostrata durante la navigazione (vi è mai successo di cercare, ad esempio, un materasso nuovo per il letto e doversi sorbire, per settimane, pubblicità di materassi ovunque ?).
L’uso di strumenti informatici interconnessi in Rete ha indubbiamente migliorato la nostra vita, offrendoci opportunità e comodità che fino a pochi anni addietro erano inimmaginabili. Questo, però, ha avuto un costo: rinunciare ad una fetta della nostra privacy. Credo che l’importante sia averne la consapevolezza, così da saperne accettare anche i rischi.