“Nel momento in cui si decide di affrontare un problema, ci si rende conto di essere più preparati di quanto si pensi.”
Paulo Coelho
E’ arrivato il momento di cancellare il proprio account su Facebook ?
Ammesso che ci riusciate in tempi rapidi (la pagina relativa alla cancellazione del proprio account lo dice bene: l’eliminazione di tutti i contenuti che hai pubblicato potrebbe richiedere fino a 90 giorni dall’inizio del processo di eliminazione) e che optiate per la cancellazione dell’account (e non per la sua “sospensione” temporanea), avete comunque 14 giorni per ripensarci.
Facebook non vuole che ve ne andiate. Non vuole perdere i suoi assets, che comunque continuano a crescere, anche se a ritmi meno forti del passato. Sono arrivati, nel secondo quarto del 2018, a oltre 2 miliardi e mezzo di utenti iscritti, su una popolazione mondiale di 7 miliardi e 600 milioni di esseri umani. Niente male, eh ?
Certo, una discreta percentuale di questi 2,5 miliardi di utenti è rappresentata da account falsi o comunque collegati a persone decedute (ne abbiamo parlato di recente). Ma è comunque un bel risultato, che posiziona il “continente virtuale” Facebook in una invidiabile posizione rispetto ai competitor: Facebook si conferma, con una penetrazione del 60%, la prima piattaforma sociale in Italia, seguita da Instagram (33%) e G+ (25%).
Perché quindi abbandonare Facebook ?
Potreste chiedervi, per iniziare, come mai vi siete iscritti a Facebook. E se avete letto bene le condizioni d’uso dello strumento. Dietro a quel “E’ gratis e lo sarà sempre” c’è un mondo di clausole, condizioni e normative da far impallidire anche chi ha nozioni di giurisprudenza. Ad iniziare dalla discrezionalità per i “comportamenti dannosi nei confronti di altri e situazioni in cui potremmo essere in grado di supportare o proteggere la nostra community.” Oppure perché “quando l’utente condivide, pubblica o carica un contenuto coperto da diritti di proprietà intellettuale (ad es. foto o video) in relazione o in connessione con i nostri Prodotti, ci concede una licenza non esclusiva, trasferibile, conferibile in sottolicenza, non soggetta a royalty e globale per la trasmissione, l’uso, la distribuzione, la modifica, l’esecuzione, la copia, la pubblica esecuzione o la visualizzazione, la traduzione e la creazione di opere derivate dei propri contenuti“. Se non altro “l’utente può revocare questa licenza in qualsiasi momento eliminando i propri contenuti o il proprio account.”
Potreste trovare nelle caratteristiche demografiche dei suoi iscritti una motivazione plausibile: è la fascia dai 25 ai 34 anni quella più presente, seguita dai 35-44 enni. Non è un social per giovanissimi, come già alcune indagini sulle abitudini dei ragazzi confermano (Instagram e SnapChat vanno per la maggiore). Per la cronaca, nel 2016 erano i 20-29 enni ad essere i più presenti su Facebook.
Oppure nel suo algoritmo che decide cosa dovete vedere, in quale ordine e con quale frequenza. Di fatto, facendo decidere a Facebook con chi dovete restare in contatto ed interagire, secondo alcuni criteri quali coinvolgimento, partecipazione ed interazione precedenti (“I post che vedi nella sezione Notizie sono concepiti per mantenerti in contatto con le persone, i luoghi e le cose che ti interessano, a partire dai tuoi amici e familiari.“). Facebook, ovviamente, invoglia il più possibile all’interazione: commenti, like, condivisioni… e ne tiene traccia per stabilire che cosa otterrà, più probabilmente, un vostro feedback.
Forse una buona motivazione è che Facebook è tecnicamente un walled garden, un ecosistema chiuso ed autoreferenziale tutt’altro che neutrale, come spiega Zeynep Tufekci sul NY Times:
The newsfeed algorithm also values comments and sharing. All this suits content designed to generate either a sense of oversize delight or righteous outrage and go viral, hoaxes and conspiracies as well as baby pictures, happy announcements (that can be liked) and important news and discussions. Facebook’s own research shows that the choices its algorithm makes can influence people’s mood and even affect elections by shaping turnout.
Se, quindi, vi sentite frustrati dopo una visita al social, sappiate che è del tutto normale e, soprattutto, voluto per creare quella “dipendenza” che si ritrova in coloro che soffrono di IAD – Internet Addiction Disorder -. E, lo ammetto, qualche volta capita anche a me di scoprirmi su Facebook senza neanche aver pensato di farlo…
Oppure potreste, ad esempio, aver scoperto che tutti gli altri siti dove vi autenticavate proprio con Facebook vi hanno “tagliato fuori” proprio quando, inspiegabilmente e senza doverne rendere conto, lo staff di Facebook ha deciso di bloccarvi l’account.
Conclusioni
Internet non è Facebook. Internet è una galassia di cui Facebook è semplicemente un grosso pianeta. Ma ci sono milioni di altri pianeti/piattaforme da scoprire. Per non parlare del deep-web, stimato essere centinaia di volte più grande del web “ufficiale”.
Non sarò ipocrita dicendovi che dovete chiudere l’account su Facebook: sono anni che dico a me stesso di farlo, senza riuscirci. Vi chiedo però di rifletterci su e di pensare a quanto questo social influenza la vostra giornata, la vostra vita, il vostro stato d’animo e le vostre relazioni nel mondo reale. Per un uso più consapevole degli strumenti informatici, oggigiorno potentissimi, a nostra disposizione.
…e comunque, magari tra i propositi per il 2019, metteteci anche #DeleteFacebook. E, se ci riuscite, fatemelo sapere !