Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così.
Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare
a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande
maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare.
Giovanni Falcone
In questi giorni si dibatte, solita arma di distrazione di massa dopo l’enorme polverone sollevato sul DDL Cirinnà, della decisione di chiedere ai candidati del MoVimento 5 Stelle al Comune di Roma di sottoscrivere un accordo con il quale si impegnano, tra le altre cose, a rispettare il mandato elettorale pena una multa di 150.000€.
Non potevano mancare le polemiche di chi non ha niente a che vedere con il MoVimento 5 Stelle su questa decisione, che personalmente reputo di buonsenso. Peraltro, è bene sottolinearlo, un accordo analogo lo hanno sottoscritto anche gli attuali europarlamentari del M5S, senza che ciò abbia impedito l’esercizio della democrazia come alcuni “eminenti pensatori” si sono affrettati a minacciare.
E’ vero, l’art 67 della nostra Costituzione precisa che “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato“, dimenticando il contesto storico in cui la Costituzione italiana prese vita e la situazione politica da cui era appena uscito il nostro Paese (vi riporto a tal proposito un interessante ragionamento pubblicato su AgoraVox: Vincolo di mandato. Perché ha ragione Grillo) e la pessima abitudine, tutta italiana, di cambiare casacca politica dei nostri parlamentari (c’è chi in pochi anni è passato dal M5S a Scelta Civica al PD, come l’On. Pinna): 336 cambi solo nell’ultima legislatura, tra Camera e Senato. Un vero e proprio tradimento del mandato elettorale, almeno per chi ancora considera l’elezione una grande responsabilità e non semplicemente l’occasione per tenere il sedere su una comoda e fruttuosa poltrona.
Come evitare, pertanto, che l’elezione diventi un trampolino di lancio verso gli scranni dorati del Parlamento Italiano, uno dei più costosi al mondo (e ovviamente il paragone può essere fatto anche per le altre assise pubbliche, come i consigli regionali e comunali) ? In assenza di una norma precisa, la richiesta di sottoscrizione di un impegno, sancito da un valido contratto, può essere una soluzione.
In un Paese che dell’etica e del senso di responsabilità ha imparato a farne a meno, una soluzione di questo tipo (che prevede non solo una multa per chi cambia casacca ma anche “l’impegno etico di dimettersi” dal proprio incarico – CODICE DI COMPORTAMENTO PER I CANDIDATI ED ELETTI DEL MOVIMENTO 5 STELLE ALLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE DI ROMA 2016) rimane l’unica strada possibile per difendersi dallo scilipotismo che danneggia, prima di tutto, gli elettori.
Per chi ritiene l’elezione un impegno morale prima di tutto verso gli elettori ed i cittadini, sottoscrivere un documento di questo tipo non comporta alcun problema. Invece, e qui arrivo al punto, bisognerebbe chiedersi cosa ne pensano gli elettori di coloro che, ad ogni alito di vento, preferiscono cambiare giacchetta che assumersi le proprie responsabilità
AGGIORNAMENTO 11 FEBBRAIO 2016
Scopro che il quotidiano “Libero” ha proposto un sondaggio su questo argomento. Certo, i risultati non hanno alcun valore statistico ma credo che comunque possano rappresentare una cartina al tornasole del sentimento collettivo sul tema: il 94% dei votanti (non sappiamo il numero complessivo dei voti) si è espresso a favore.