“Saper ascoltare significa possedere, oltre al proprio, il cervello degli altri.”
Leonardo da Vinci
Non potete dire che non eravate stati avvertiti: gli orecchi elettronici di cui ci circondiamo, del tutto volontariamente e pagandoli pure, per farci raccontare barzellette insipide, dirci le previsioni del tempo o poter fare telefonate senza dover muovere le mano, ci ascoltano.
Certo, ovvio che ci ascoltano. Ma non solo per capire in modo automatico, attraverso l’analisi del flusso audio e della frase, cosa stiamo dicendo. Ci ascoltano nel vero e più spaventoso senso della parola, ovvero ci sono persone fisiche ci ascoltano le nostre conversazioni, anche quando non ci stiamo rivolgendo a loro, per capire –almeno così dichiarano le aziende incriminate– se il sistema funziona bene oppure no.
Negli ultimi mesi sembra proprio che siano state beccate un po’ tutte, come Apple, Facebook e Google, che hanno temporaneamente dichiarato di aver sospeso questa antipatica pratica. Amazon ci ha fatto sapere di aver aggiunto la possibilità per gli utenti di “cancellarsi” dalla possibilità di avere le proprie conversazioni ascoltate da altre persone, mentre Microsoft ha dichiarato di aver aggiustato la propria privacy policy in merito, nel rispetto della riservatezza degli utenti delle piattaforme che includono Cortana.
Potreste non esserne sorpresi oppure, semplicemente, non ve ne preoccupate più di tanto perché siete tra coloro che ripetono soddisfatti che “tanto non ho niente da nascondere“. In realtà ognuno di noi ha qualcosa da nascondere, dalle informazioni personali contenute nelle conversazioni con il partner a molto altro, telefonate comprese: davvero non preoccupa che qualcuno possa ascoltare tutti i rumori della nostra casa?
Mai come oggi la società distopica di Winston Smith, il protagonista del romanzo 1948 creato dalla mente di Orwell, è reale. E mai come oggi non comprendiamo fino in fondo le conseguenze di questa sorveglianza massiva e pervasiva, che arriva fin dentro le nostre abitazioni (camere da letto comprese!) e, spesso, proprio per mano nostra.
Sorveglianza che ci segue fin dentro le nostre auto, non solo attraverso gli smartphone (che sfruttano commercialmente questi dati per, ad esempio, fornire informazioni sul traffico in tempo reale) ma anche attraverso dispositivi installati dagli stessi produttori (negli UK sta facendo scalpore il caso della Mercedes).
Insomma, se fino a qualche anno fa bastava abbassare il tono della voce e rifugiarsi tra le mura domestiche per le conversazioni riservate, oggi la tecnologia ci ha tolto anche questo baluardo di libertà individuali: la riservatezza.