Fake News e democrazia

“Stampando una notizia in grandi lettere, la gente pensa che sia indiscutibilmente vera.”
Jorge Luis Borges

Può sembrare strano che ci siano persone che, di lavoro, inventano notizie false (“fake news“). Eppure è così e, nella società contemporanea dove la diffusione delle notizie è veloce, economico e su scala planetaria, è un mestiere anche redditizio, soprattutto quando si tratta di usare queste tecniche per conquistare consenso elettorale.

Più o meno tutti siamo stati vittime e complici (inconsapevoli) della diffusione di notizie false, magari condividendole attraverso i nostri profili sui social network.

Come si costruisce una fake news

Le fake news possono essere costruite per diversi scopi, dallo scherzo al preciso obiettivo di consolidare una certa posizione o rafforzare il proprio elettorato di riferimento. E, come per le notizie vere, anche queste bufale devono essere costruite secondo alcune precise regole:

  • la prima regola di una fake news è che deve avere un piccolo appiglio con la realtà: ricordate il caso dello smalto sulle unghie di Josefa, la migrante salvata dall’annegamento ? Josefa aveva realmente lo smalto sulle unghie. Ma forse questo faceva di Lei una persona meno meritevole di essere salvata ?
  • la seconda regola è dover rafforzare comunque una opinione diffusa, cercando di spiegarne in modo credibile le motivazioni (ad esempio citando studi, personalità famose o documenti);
  • la terza regola è ridefinire il contesto, facendo sparire il quando, il dove, il come e il perché e il SENSO del fatto, esagerando solo certi aspetti, inserendo un elemento di dubbio/complotto e concludendo con una sentenza morale;

La fake news deve poi essere diffusa, e qui entrano in gioco le nuove tecnologie: attraverso siti web, social network e mailing list, si diffonde il più possibile la notizia puntando sull’effetto valanga, ovvero la condivisione della stessa da parte degli utenti. E’ così che una bufala diventa, appunto, “virale“.

Il business delle fake-notizie

Chiaramente, l’aura di autorevolezza che si riesce a dare attorno alla notizia è fondamentale per la sua diffusione: pensiamo ad esempio a tutti quei siti web con nomi “storpiati”, come “ilfattoquotidaino” o “ilmessaggio.it” (per una lista più o meno completa: www.bufale.net/home/the-black-list-la-lista-nera-del-web/), le cui pagine sono piene di inserzioni pubblicitarie da cui provengono parte dei proventi (se ne occupò anche Buzzfeed, in un reportage dal titolo “One Of The Biggest Alternative Media Networks In Italy Is Spreading Anti-Immigrant News And Misinformation On Facebook“): è stato grazie ai codici di AdWords, circuito pubblicitario di Google, ad aver svelato i collegamenti tra diverse testate di contro-informazione legate ad esempio a Salvini ed al M5S, come dimostrato anche da David Puente, noto debuker, che nel Novembre 2017 scrisse una dettagliata analisi “L’inchiesta del New York Times e qualcosa in più“.

L’inchiesta di Puente offre peraltro uno spaccato inquietante sul mondo delle fake news italiano, dimostrando come dietro la manipolazione e la diffusione di notizie fasulle ci sia una vera e propria organizzazione che sembra avere, come obiettivo, la catalizzazione e gestione del consenso politico-elettorale: come questa Rete abbia favorito l’ascesa (e la vittoria) delle due forze politiche che, meglio di altre, hanno saputo usare il Web per la loro propaganda è da dimostrare. Quello che sappiamo è che ci furono anche rumors sul coinvolgimento della Russia di Putin, interessata forse più di altri a solleticare sentimenti antieuropeisti….

Shit-storm e manipolazione

Ovviamente il network delle notizie fasulle, o comunque manipolate ad arte, non ha solo come scopo la catalizzazione del consenso politico: è anche una straordinaria arma di demolizione, utilizzata con efficacia nei confronti di avversari politici (ne avevamo parlato a proposito delle shit storm). O, al contrario, utilizzata per difendere personalità politiche sotto accusa, stravolgendo o mitigando le notizie a suo carico.

Questi network diventano quindi veri e proprio strumenti di manipolazione sociale e del consenso, spesso supportati proprio da forze politiche (vi ricordate i portali come La Cosa, Tze Tze o La Fucina, di cui oggi rimangono solo sparute tracce sul web ?) che li utilizzano per la diffusione delle notizie di loro interesse, sfruttando percezioni distorte della realtà (ad esempio, sul numero degli immigrati), l’ignoranza e l’analfabetismo funzionale.

Sia chiaro, le bufale e le fake news sono sempre esistite (pensiamo, ad esempio, alla famosa donazione di Costantino). Quello che è cambiato, soprattutto negli ultimi anni, è l’impatto che tali notizie hanno sulla qualità della democrazia e, quindi, quanto la diffusione di notizie fasulle sia capace di influenzare la società e tutti gli organi rappresentativi (politici) della stessa. La questione, ovviamente, non è solamente italiana ma investe, in modo preoccupante, tutte le democrazie del mondo, che stanno affrontando un pericoloso momento di radicalizzazione. Quanto questo fenomeno sia la conseguenza delle fake news è confermato dagli investimenti che gli stessi social network (Facebook in primis), tra i veicoli privilegiati delle bufale, stanno facendo per impedirne –o quantomeno limitarne– la diffusione.

Media politicizzati o Politica mediatica ?

La propaganda politica è sempre esistita ed è indubbiamente lo strumenti privilegiato per gestire il potere, democraticamente o meno.

Credo tuttavia che con la trasformazione della comunicazione di massa da verticale a orizzontale, in un contesto in cui siamo tutti prosumers, la comunicazione abbia assunto una importanza fondamentale per il mantenimento dello stato sociale. Al momento mi sembra di percepire una situazione di caos mediatico estremo, dove si sono persi i tradizionali autorevoli punti di riferimento, creando un contesto liquido in cui il cittadino è travolto da informazioni spesso contrastanti e vi annaspa, nello disperato tentativo di formarsi una opinione.

La manipolazione mediatica indotta dalle fake news rappresenta quindi una importante arma di consenso e di offesa, che trova terreno fertile nel caos contemporaneo, arrivando addirittura ad imporre radicali mutazioni in società tradizionalmente democratiche, ad uso e consumo delle forze politiche più capaci nell’uso di tali strumenti.

Il rischio è che l’esplosione della bolla mediatica costruita dalle fake news possa destabilizzare la società in modo così profondo da gettarla nel caos, decretando la fine delle democrazie.

Al momento l’unica via di uscita che riesco a vedere è la crescita della consapevolezza e della conoscenza, strumenti indispensabili per stimolare il senso critico individuale, unica arma di difesa contro le notizie bufala.

I media tradizionali, in questo contesto, hanno un ruolo chiave: devono riuscire ad imporsi nuovamente come riferimento autorevole nel mare magnum della propaganda politica. Ce la faranno ? Ce la faremo ?

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