Il grande sogno di Internet: è andato davvero tutto storto ?

“Big data is like big tobacco. Presumed to be safe for decades and
when we understood the cancer it brought, it was hard for people to quit.”
Peter Sunde

Ho letto con curiosità lo sfogo di Peter Sunde, co-fondatore di The Pirate Bay: “Con internet è andato tutto storto”, ripreso da Wired.

Riprendo dal virgolettato dell’articolo:

Il punto non è quello che accadrà in futuro, ma quello che sta succedendo adesso. Abbiamo centralizzato tutti i nostri dati a un ragazzo chiamato Mark Zuckerberg, che è fondamentalmente il più grande dittatore del mondo, visto che non è stato eletto da nessuno[…]Trump ha di fatto il controllo sui dati in possesso di Zuckerberg, quindi ci siamo già.

Senza voler essere così drastici e pessimisti, un fondo di verità c’è. Negli ultimi 10 anni, come lui stesso afferma, l’intera galassia delle tecnologie emergenti in Rete è stata acquisita dai 5 big: Amazon, Google, Facebook, Microsoft e Apple. E che il mercato si sta spostando dalla commercializzazione di beni e servizi a servizi di intermediazione tra produttore e fruitore dei beni e dei servizi, come fanno ad esempio Uber, AirBnb, Booking, Foodora etc etc etc…

Le conseguenze sono state un accentramento di gran parte dei servizi nelle mani di pochi grandi soggetti, aziende multinazionali che sono cresciute così tanto da essere quasi intoccabili. Il loro tesoro sono i big data, enormi quantità di dati relativi ai nostri interessi, i nostri gusti, le nostre tendenze e preferenze. Sanno molto di noi: dove siamo, cosa compriamo,  quali libri leggiamo, quali film guardiamo, gli articoli che leggiamo, come ci muoviamo (se in auto o a piedi…), cosa mangiamo e quali sono le nostre preferenze politiche e sessuali. Sanno tanto, forse troppo. Hanno profilato milioni di esseri umani connessi ad Internet ed hanno iniziato a proporre pubblicità mirate per vendere servizi e prodotti, guadagnando milioni di euro. Sono potentissimi, perché hanno praticamente il monopolio del “consumatore on-line”: utente, prodotto e cliente nello stesso momento. Milioni di prosumer che quotidianamente gettano i loro dati in pasto a queste grandi entità (“Cosa stai pensando ?” “Potrebbe piacerti…” “Potrebbe interessarti…” “Sei a XX ? Le foto di questo posto sono molto popolari !” “Conosci XYZ ? Vuoi rispondere alle domande ?”) che poi rivendono alle aziende che acquistano spazi e canali pubblicitari per promuovere i loro prodotti.

Ma questa new economy ha delle conseguenze, soprattutto in quella terra di nessuno che è (era ?) la Rete.

“Se il servizio è gratis, il prodotto sei tu” recita un adagio che circola in Rete da qualche tempo. Perché, è incredibile anche solo pensarlo, molti social network -ad iniziare proprio da Facebook- sono contenitori vuoti che si auto-sostengono e si auto-alimentano sul numero di utenti che li utilizzano. Facebook, senza utenti, è lo zero assoluto. Anche molti portali di meta-prodotti, come Booking o Alibaba, sono contenitori vuoti: raggruppano ed accorpano dati provenienti da aziende e dagli utenti. Apple punta tutto sul suo brand, dopo che Steve Jobs ha creato il mito del prodotto alla moda, tecnologicamente avanzato ma, soprattutto, figo e semplice da usare. Google è essenzialmente un fantastico algoritmo di ricerca ed uno straordinario indicizzatore di pagine web, che però gratta solamente la superficie dell’intera Internet (solo una bassa percentuale dei contenuti presenti in Rete è indicizzato da Google). Certo, ha sviluppato anche altri fantastici servizi e prodotti, come Android (fantastica operazione di marketing !) e GMail, ma senza il motore di ricerca -che ha puntato tutto sulla semplicità- non avrebbe mai avuto il successo che ha avuto. Già, proprio la semplicità è stato il fattore chiave che ha permesso ad Internet di diventare finalmente accessibile a milioni di nuovi utenti, rendendolo economicamente appetibile. E dove arriva il business, svaniscono i sogni e gli ideali.

Tuttavia non la vedo così critica come Peter Sunde.

Sicuramente Internet è cambiato rispetto a come era 15-20 anni fa. Per certi versi oggi abbiamo strumenti fantastici ed accessibili, usati da milioni di persone in tutto il mondo senza particolare difficoltà. Internet ha anche permesso la divulgazione delle informazioni come mai è stato possibile prima d’ora. Ha messo in comunicazione milioni di persone lontane migliaia di km in tempo reale. Ha permesso di fare pressioni su governi, lobby, agenzie governative. Ha dato spazio a migliaia di piccole aziende che hanno avuto l’opportunità di crescere e farsi conoscere su un mercato planetario a costi ridottissimi, impensabile fino a neanche 50 anni fa. Insomma, Internet ha ancora una grande missione da completare. Ma Internet è uno strumento e può essere usato bene o male: dipende dai suoi utenti, da quanto accetteranno di sottomettersi alle big corporation e cedere loro, gratuitamente, i loro dati.

Su Internet, inoltre, ci sarà sempre uno spazio, in qualche server sperduto in qualche data center, libero. Dove scambiarsi informazioni, dati, conoscenza. Non si può imbrigliare la Rete: ci sarà sempre uno strumento, un mezzo, per bypassare i firewall governativi o i blocchi aziendali. Chi c’ha provato, ha fallito. E se non ha fallito, è perché ad essere imbrigliata non è la Rete ma i suoi utenti.

Voglio concludere questo mio lungo post con la parte finale del famoso Manifesto Hacker, tradotta per noi da FiloSottile:

Questo è il nostro mondo adesso… il mondo dell’elettrone e dello switch, la bellezza della banda. Noi usiamo un servizio che esiste già senza pagare per qualcosa che sarebbe schifosamente economico se non fosse gestito da avidi
ingordi, e ci chiamate criminali. Noi esploriamo… e ci chiamate criminali. Noi cerchiamo la conoscenza… e ci chiamate criminali. Noi esistiamo senza colore della pelle, senza nazionalità, senza pregiudizi religiosi… e ci chiamate criminali. Voi costruite bombe atomiche, voi provocate guerre, voi uccidete, ingannate e mentite e cercate di farci credere che è per il nostro bene, eppure siamo noi i criminali.

Sì, sono un criminale. Il mio crimine è la curiosità. Il mio crimine è giudicare le persone per quello che dicono e pensano, non per il loro aspetto. Il mio crimine è stato surclassarvi, qualcosa per cui non mi perdonerete mai.

Io sono un hacker, e questo è il mio manifesto. Potrete anche fermare me, ma non potete fermarci tutti… dopotutto, siamo tutti uguali.

+++The Mentor+++

Avvicinandomi alla soglia dei 40 anni, dopo oltre 20 anni che navigo in Rete e quasi 30 da quando ho messo le mani su un PC, mi sento ancora un inguaribile romantico sognatore wannabe hacker.

“Un uomo è vecchio solo quando i rimpianti, in lui, superano i sogni.”
John Barrymore

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