TL;DR Il Governo Belga ha emanato un nuova normativa che consente agli hacker etici di esplorare e segnalare, in modo del tutto legale, le vulnerabilità presenti nelle reti delle aziende e istituzioni nazionali. Una novità che avrà ricadute positive sulla cyber-resistenza e resilienza del Belgio: l’EU starà a guardare?
“Giornata importante per gli hacker etici, perché da oggi entrerà in vigore una legge che concede loro molta più libertà. Possono hackerare qualsiasi azienda belga senza permesso.” recita l’articolo pubblicato il 15 febbraio 2023 sul sito belga VRT NWS.
Ci sono comunque dei vincoli previsti: la legge riguarda solo le società belghe. Agli hacker etici non è quindi consentito solo hackerare una società straniera. Inoltre, in qualità di hacker etico, devi segnalare le vulnerabilità che hai riscontrato nei sistemi dell’azienda a tale azienda entro 72 ore. “Non puoi semplicemente testare la sicurezza di un sistema e poi non dire nulla al riguardo.” ha dichiarato a VRT NWS Inti De Ceukelaire, hacker etico belga.
La novità è stata pubblicata anche sul sito web del Centre for Cyber Security Belgium, che ricorda le clausole previste dalla normativa sull’hacking etico:
- L’hacker etico deve limitarsi strettamente ai fatti necessari per segnalare una vulnerabilità. Pertanto, non deve agire oltre quanto necessario e proporzionato per verificare l’esistenza di una vulnerabilità;
- Deve agire senza intento fraudolento o senza intenzione di nuocere;
- Appena possibile, dopo la scoperta della potenziale vulnerabilità (e al più tardi al momento della segnalazione al CSIRT nazionale), è necessario informare l’organizzazione responsabile del sistema, del processo o del controllo della vulnerabilità;
- Deve segnalare quanto prima la vulnerabilità scoperta all’CCB (in assenza di un CVDP), per iscritto e secondo le procedure descritte;
- Non deve divulgare pubblicamente informazioni sulla vulnerabilità scoperta senza l’accordo del CSIRT nazionale (CCB);
Pur con questi “paletti“, che un hacker etico già dovrebbe ben conoscere, il Belgio merita un plauso per il coraggio con cui ha deciso di portare avanti una campagna che porterà a una maggiore cyber-resilienza del contesto ICT nazionale.
L’hacking etico è un tema molto dibattuto anche nella comunità italiana. Molte volte vengono identificate vulnerabilità nei siti web o nei servizi di aziende ed Istituzioni, talvolta per puro caso, ma rimane sempre lo scrupolo se segnalare, come farebbe un buon cittadino (rischiando però di essere coinvolti in una inchiesta penale!), oppure ignorare. Il problema è che i cybercriminali, su queste vulnerabilità, hanno costruito un lucroso business ai danni delle aziende e della collettività (proprio in questi giorni l’ennesimo attacco ad una ASL, la ASL5 di La Spezia, con conseguenti disagi per i cittadini).
Temo che siano poche, pochissime, le aziende e PA che nel nostro Paese hanno emanato una responsibile disclosure policy o un programma di bug bounty (se ne conoscete, vi prego di segnalarmele!): molte altre preferiscono nascondere la testa sotto la sabbia e non sono mancati, nel recente passato, episodi dove si è preferito denunciare il segnalante che ringraziarlo della segnalazione (emblematica la vicenda dell’hacker etico Evariste Gal0is al portale Rousseau del Movimento 5 Stelle).
Eppure, l’iniziativa del governo Belga probabilmente avrà ricadute positive non solo riguardo la cybersicurezza del suo tessuto produttivo ed economico, riducendo il rischio e migliorandone la resistenza, ma anche sullo stesso “indotto” conseguente a questa nuova possibilità, garantita dalla normativa.
Vedremo come evolverà e quali saranno le ricadute dell’iniziativa ma, personalmente, la ritengo una innovazione meritevole di essere valutata non solo a livello nazionale quanto proprio comunitario, così da definire regole comuni e condivise tra tutti gli stati membri EU e offrire, finalmente, una visione di cyber-resilience diversa e innovativa.