“La mia faccia non mi è nuova, ce l’ho da quando sono nato.”
Totò
Le immagini dell’assalto a Capitol Hill hanno sconvolto gli Stati Uniti d’America e gran parte del resto del mondo. La protesta, come ormai ogni evento contemporaneo, ha avuto una copertura mediatica senza precedenti, a cui si aggiungono i vari video delle numerose telecamere di sorveglianza ormai presenti in ogni dove. Ed è stato relativamente facile usare questi fotogrammi, dandoli in pasto ad algoritmi di riconoscimento facciale, per estrarre i volti dei manifestanti.
Secondo Wired, lo scopo del creatore del sito web facesoftheriot.com è aiutare l’FBI nell’identificare i manifestanti. Oltre 6000 volti univoci, individuati grazie all’analisi delle foto e dei video usando un algoritmo di riconoscimento facciale sulle foto e video prelevati dal leak massivo del portale Parler, oggi parzialmente offline e al centro di una aspra querelle politico-giudiziaria.
Aiuto che le stesse autorità avevano chiesto per identificare i manifestanti, tra cui la Polizia Metropolitana di Washington D.C. e l’FBI stessa.
Senza entrare nel merito della vicenda, che personalmente ritengo comunque deprecabile, questo dimostra come le tecnologie di sorveglianza e d’intelligenza artificiale possono essere utilizzate per identificare e individuare i partecipanti a una manifestazione, giusta o sbagliata che sia (è stata utilizzata anche per le manifestazioni dei Black Lives Matters – Black Lives Matter could change facial recognition forever — if Big Tech doesn’t stand in the way). Oppure, come già sembra venga fatto in alcune città della Cina, individuare in moto automatico, fotografare e mostrare pubblicamente su un mega-schermo chi non attraversa sulle strisce pedonali (How China uses facial recognition to control human behavior). Potrà far sorridere, ma riuscite a immaginarne le potenziali conseguenze sulla società? Riuscite a immaginare le conseguenze sull’esercizio democratico dei propri diritti, tra cui anche quello di manifestare?
Personalmente sono molto preoccupato di come queste tecnologie potrebbero essere utilizzate. Con la scusa di proteggerci, aumentare la nostra sicurezza, anche nelle nostre città e centri abitati hanno installato ovunque telecamere capaci di leggere i numeri di targa dei veicoli (ALPR – Automatic License Plate Recognition). Non sappiamo esattamente quanto e come viene usato il sistema SARI -Sistema Automatico Riconoscimento Immagini-, in dotazione alle forze dell’ordine, che nel 2019 aveva già in archivio oltre 9 milioni di profili.
“È per la nostra sicurezza“. Certo, lo è, ma a quale prezzo? Questi sono strumenti potentissimi, che possono essere usati sia a scopo di proteggere, di prevenire ma anche per reprimere e controllare. Non sono disposto ad assumermi il rischio che queste tecnologie possano essere usate contro di me, contro liberi cittadini. Per questo è nata l’iniziativa ReclaimYourFace, ECI –European Citizens’ Initiative– che da Febbraio inizierà la raccolta firme tra tutti i cittadini europei con l’obiettivo di vietare la sorveglianza biometrica di massa (in Italia, l’iniziativa è promossa e supportata dal Centro Hermes).
Siamo in un periodo storico dettato da profondi stravolgimenti socio-culturali provocati dalle tecnologie informatiche. Strumenti sempre più sofisticati che monitorano ogni istante della nostra vita e memorizzano la nostra storia, la nostra esistenza. Alcuni usati in modo volontario, spesso inconsapevole, mentre altri sono non controllabili dalla nostra volontà, come le telecamere di sorveglianza negli spazi pubblici. Il legislatore ha difficoltà evidenti a stare al passo con l’evoluzione tecnologica, spesso aprendo dei “gap” normativi che potrebbero costarci caro. Credo che sia compito di noi cittadini chiedere, prima di tutto, il rispetto delle nostre libertà. A iniziare dalla libertà di movimento, senza dover essere necessariamente spiati, senza avere questi occhi elettronici che memorizzano e analizzano il nostro volto, le nostre espressioni, i nostri movimenti. Libertà che spesso consideriamo assodate ma che, mai come in questo periodo, sono soggetti a pensanti limitazioni che ne fanno comprendere più che mai l’importanza.
Come predisse Orwell (oggi è il 71esimo anniversario della sua morte, a Londra), il Grande Fratello oggi non è più solo una invenzione letteraria.