“È un uomo analogico in un mondo digitale.”
Kent Jones
La fotografia del Digital Economy and Society Index fatta sul nostro Paese “digitale” non è delle migliori. Niente che non si sappia già, ovviamente, ma la crudezza dei numeri e dei grafici è davvero dolorosa per chi cerca di stimolare un settore che sarà sempre più importante nei prossimi anni: quello del digitale.
Nella classifica generale del DESI 2019, che considera tutti i fattori analizzati, siamo quartultimi: dietro di noi Polonia, Lituania, Romania e Bulgaria.
Siamo drammaticamente indietro in molti dei settori economici più importanti, ad iniziare forse dal più importante: le digital skills, le competenze digitali, che vede l’Italia terzultima davanti a Romania e Bulgaria.
A strong digital economy is vital for innovation, growth, jobs and European competitiveness. The spread of digital is having a massive impact on the labour market and the type of skills needed in the economy and society.
Mi sembra di risentirli quando, con una vena mista tra lo scherzoso e il supponente, sbottano dicendo “ah io con questi “cosi” (n.d.a. il PC) non ci capisco niente!“, senza rendersi conto di quanto non avere competenze digitali di base sia, oggi più che mai, un deficit gravissimo che costa al nostro Paese moltissimo, sia come prospettive occupazionali che economiche.
Forse questo è l’aspetto più preoccupante, ovvero la mancanza di consapevolezza del deficit culturale e delle sue conseguenze nella società. Che ovviamente vengono ben fotografate da alcuni grafici, come quello che ci vede penultimi (dietro solo la Lituania) nella percentuale di utenti che interpella la PA usando gli strumenti telematici.
e-Services reduce the time spent in public administrations and this encourages people to use them. Sweden, Estonia, Finland and Denmark performed very well, with more than 90 % of internet users (aged 16-74), who need to submit filled forms to the public administration, choosing governmental portals. Only Italy and Greece perform below 40 %.
Mi soffermo su questo dato, dolorosissimo, perché sono da sempre un forte sostenitore del settore Pubblico, che reputo la spina dorsale di ogni Paese. Ma gli investimenti nella digitalizzazione della PA sono scarsi e, soprattutto, con scarsissimo impatto nei confronti dei servizi all’utenza che ancora oggi si ritrova a doversi recare fisicamente all’ufficio postale per pagare il rinnovo del passaporto o della patente di guida!
Si risparmierebbe tantissimo tempo (e denaro), oltre che migliorare in efficienza, se solo la PA effettuasse una vera transizione al digitale (non una mera e spesso raffazzonata trasposizione del cartaceo al digitale…) e soprattutto investisse nella formazione dei suoi dipendenti, che vantano una delle età medie più alte d’Europa e investimenti in formazione ridicoli.
Ogni dipendente pubblico ha a disposizione solo 1,04 giorni di formazione all’anno, con un investimento di 49 euro ciascuno.”
Competenze digitali dei dipendenti pubblici: perché incentivarle e come capire su cosa puntare, ForumPA
Se ne parla da decenni, ormai. Ricordo ancora il mantra del “paperless office“, miseramente naufragato tra faldoni di carta e dipendenti che, per paura di perderle (!), stampano ogni singola mail che ricevono!
Eppure basterebbe adottare un semplicissimo principio di meritocrazia, stimolando i dipendenti della PA a crescere e investire in formazione, sia per loro stessi che per il ruolo e il luogo dove lavorano. Ma anche i tanti esperimenti sugli obiettivi e sulle valutazioni alla fine sono tragicamente naufragati nel mare magnum della burocrazia italiana senza sortire effetti degni di nota.
Qualcuno noterà come mi sono soffermato molto sulla PA e sulla necessità di stimolarla, invece che distruggerla (come alcuni vorrebbero, demagogicamente, fare). La PA è il braccio operativo di uno Stato. Credo che senza la PA, anche il senso stesso dello Stato decada. A cosa serve uno Stato senza una PA che lo faccia funzionare, dai grandi temi come i trattati internazionali alle piccole esigenze quotidiane dei cittadini? La PA inoltre ha un ruolo anche di guida nei confronti del tessuto sociale e produttivo. Una PA efficente stimola anche il resto della società a migliorare, a essere maggiormente competitivo. Una PA inefficente, invece, costa tanto sia economicamente che produttivamente. Ed è per questo che, alla luce dei tragici dati che ogni anno vengono pubblicati sullo stato di salute del nostro Paese, lo stimolo per una PA migliore è una battaglia che non possiamo rinunciare a voler combattere.