L. 194, una legge a metà

“Freedom to manifest one’s religion or
beliefs may be subject only to such limitations as
are prescribed by law and are necessary to protect
public safety, order, health or morals
or the fundamental rights and freedoms of others.”

art. 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani 

Ci sono leggi in Italia, specialmente quelle relative ai diritti civili, che a distanza di oltre 35 anni dalla loro applicazione, non riescono a trovare pieno compimento.

Una di queste, forse la più importante e la meno discussa, è la 194 sull’IVG, Interruzione Volontaria di Gravidanza, che all’art. 9 indica che:

Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione.

Sembra incredibile pensare che il personale medico possa rifiutarsi di attuare una pratica consentita dalla legge ma siamo in Italia e questo semplice articolo, probabilmente introdotto per facilitare in un certo senso l’introduzione delle nuove norme nella società italiana, ha finito per diventare lo scoglio più grande che le donne si trovano a dover superare. Ci sono infatti regioni, e cito i dati della relazione 2015 del Ministero della Salute, dove il tasso di obiettori di coscenza tra il personale sanitario è del 93,3% (Molise) ! Ed è soprattutto nelle regioni del Sud Italia, senza sorpresa, che la situazione è decisamente più grave: 90,2% in Basilicata, 87,6% in Sicilia, 86,1% in Puglia, 81,8% in Campania, 80,7% in Abruzzo parimerito con il Lazio, 72,9% in Calabria. Anche nel ricco e civilizzato Nord la situazione non è delle migliori, considerando che nella provincia autonoma di Bolzano la percentuale è del 92,9% ed in Veneto del 76,2%. In Toscana, fiore all’occhiello della sanità italiana, la percentuale è del 56,2% ed in coda a questa triste classifica troviamo la Valle d’Aosta, con il 13,3%.

Percentuali strabilianti, che si traducono in una inutile sofferenza aggiuntiva per tutte quelle donne che si trovano davanti alla drammatica scelta dell’IVG. Un dato inspiegabile, considerando che dal 1983 l’IVG è in costante diminuzione in Italia: attualmente il tasso di abortività del nostro Paese è fra i più bassi tra quelli dei paesi occidentali, pur dovendo considerare che gli aborti clandestini sono ancora oggi stimati in un numero tra i 12.000 ed i 15.000 casi.

Eppure questo contesto non ci ha risparmiato una pesante bacchettatura da parte del Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa che, a marzo 2014 dichiara:

A causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, l’Italia viola i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza

La stampa nazionale è piena di drammatici racconti di donne costrette a fare centinaia di km tra ospedali nella speranza di trovare un ginecologo non obiettore. Donne abbadonate e costrette ad abortire da sole, in bagno, come accaduto nel 2010 a Valentina, all’Ospedale Pertini di Roma.

Io credo che un dipendente pubblico, soprattutto un medico, non possa permettersi di decidere cosa e chi curare o se la sua legittima coscienza e fede religiosa impedisce o meno di mettere in pratica certe azioni. Nulla obbliga un medico a diventare dipendente pubblico: ecco dove è la libertà di scelta. Ma chi sceglie di mettersi al servizio dello Stato, per lo Stato, non deve rifiutarsi di mettere in atto tutte le terapie legali, se necessario. Non si conosce, del resto, altri casi per il quale sia concessa la scelta di non attuare una terapia: chi si rifuta, per motivi personale, deve essere sanzionato o penalizzato. Solamente in questo modo sarà possibile, nel caso, identificare chi realmente non attua l’IGV per convinzione da coloro che non lo fanno solo per comodità.

E’ bene tuttavia sottolineare come gran parte delle IVG è a carico di donne straniere, complice sia l’aumento del loro numero in termini di presenza nella nostra società che il livello culturalmente più basso e le condizioni di vita più precarie rispetto alle donne italiane. Come rileva la relazione succitata

I tassi di abortività più elevati sono fra donne di età compresa tra i 20 e i 29 anni. Per quanto riguarda la distribuzione percentuale, nel 2013 il 42.9% delle donne che hanno abortito era in possesso di licenza media superiore, e il 43.6% risultava occupata. La percentuale delle nubili (54.9%) era superiore a quella delle coniugate (38.2%) per le italiane, al contrario delle donne straniere (48.7% le coniugate, 44.9% le nubili). Il 39% delle donne che ha eseguito una IVG non aveva figli

Dati che fanno riflettere, così come sarebbe importante riflettere sul senso dell’obiezione di coscenza e sui disagi che tale personale provoca alle donne, in aggiunta al dramma sociale e psicologico che una IVG comporta.

Inoltre, e questo è un ulteriore punto su cui riflettere, ancora oggi c’è chi vorrebbe continuare a minare le fondamenta di una conquista sociale importante come l’IVG, adducendo talvolta imbarazzanti motivazioni religiose che dovrebbero aver poco a che vedere con i diritti di uno stato laico come è l’Italia. L’IVG è un diritto, non una imposizione, e sorprende vedere come tante persone non hanno di meglio da fare che battersi per limitare le libertà altrui.

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