“Il franchising è una formula di collaborazione tra imprenditori per la produzione o distribuzione di servizi e/o beni, indicata per chi vuole avviare una nuova impresa, ma non vuole partire da zero, e preferisce affiliare la propria impresa ad un marchio già affermato” (Fonte: Wikipedia)
Premetto che non ho niente contro il franchising né contro coloro che lo scelgono come forma di imprenditoria. Ma il franchising, almeno nel centro storico della mia città, Siena, sta distruggendo una fetta sempre più importante non solo dell’economia cittadina ma del tessuto sociale urbano e delle sue peculiarità.
Il susseguirsi di vetrine di marchi noti ed internazionali sulle vie centrali di Siena (Banchi di Sopra, Banchi di Sotto, Via Montanini, Via di Città), che si sostituiscono agli esercizi commerciali tradizionali e -soprattutto- senesi, sta distruggendo Siena e la sua unicità agli occhi del turista e del cittadino. Si preferisce, ma non me ne vogliano gli appassionati, il cono gelato di una nota catena a quello della gelateria locale pochi metri più sotto, anche a costo di fare una lunga ed estenuante fila. O acquistare il regalo in uno shop internazionale che nella bottega artigianale locale. Per non parlare di tutto il resto dei beni di consumo, per i quali il consumatore è più attratto dal logo che dalla qualità.
Sopratutto il turista (a tratti fastidioso invasore o prezioso pollo da spennare), quello che cerca il Mc Donald in ogni angolo del pianeta, è il cliente ideale di questi negozi. Complice forse la crisi economica, la ristrettezza dei consumi o, semplicemente, l’atavica scarsità di offerta che da sempre costringe i senesi a fare shopping extramoenia, avventurandosi a Firenze, Arezzo o -da qualche anno- all’Outlet in Valdichiana.
Solo nel settore eno-gastronomico si assiste a qualche sussulto di orgoglio, con una offerta di prodotti tipici di qualità ampliata e cresciuta negli anni, nella quale però non mancano i tentativi di “assalto” da parte di catene come quella enorme piadina in Piazza del Campo che proprio non ci piacque.
Un cane che si morde la coda, avvolto in una spirale discendente che distrugge l’economia locale a favore di quella globale, trasformando la nostra Siena in un centro storico qualunque, di una qualunque città italiana.
E le bandiere delle contrade Made in China, in vendita nei negozietti di souvenir, non ci salveranno da questo.