Leggendo un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano dal titolo “Copia privata, paga anche la Pa? Lo scandalo si ingrossa” ed essendomi anche già espresso sull’idiozia e la presunta illegittimità (che sembra confermata da una recente sentenza della Corte Europea: C435/12), non ho potuto che farmi la stessa domanda: ma il Comune di Siena, la Provincia, l’Università, l’Ospedale…quando acquistano CD,DVD,”Pennette USB” o qualunque altra cosa gravata da questa antipatica gabella, sono tenuti al pagamento della stessa ?
Rincarando la dose di dubbio, essendo ormai gran parte degli acquisti effettuati sul portale AcquistiInRete di CONSIP, suddetto materiale è già stornato dell’equo compenso oppure no ?
Non mi ripeterò per quanto ho già detto precedentemente su questa gabella, compreso l’aggiornamento delle tariffe a firma dell’attuale Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini (si, sempre lui…certa gente non ne vuole proprio sapere di trovarsi un lavoro normale !): tuttavia anche solo il sospetto che le Pubbliche Amministrazioni debbano essere soggette a tale ulteriore aggravio dei costi, pur essendo possibile richiederne il rimborso attraverso un modulo disponibile sul sito della stessa SIAE, quando ovviamente l’acquisto di supporti da parte di esse non è certo finalizzato né all’uso privato né alla copia di materiale protetto dal diritto d’autore, è stato all’origine di una interrogazione che proprio oggi ho depositato presso la segreteria del Consiglio Comunale di Siena (il testo è disponibile qui).
Infatti, a prescindere dalla presunta illegittimità della gabella e del modulo predisposto dalla SIAE per il rimborso, con tanto di limite dei 90gg per la richiesta (peraltro soggetta alla loro valutazione), mi domando quante amministrazioni fossero a conoscenza di ciò e quante hanno provveduto ad inoltrarla.
Come si domanda infatti lo stesso Guido Scorza, dell’articolo citato sul Fatto Quotidiano:
C’è però il sospetto […] che, in realtà, la parte delle pubbliche amministrazioni italiane, paghi l’equo compenso per copia privata, “dimenticandosi” poi di chiederne a Siae il rimborso.
Milioni e milioni di euro, in questo modo, lasciano le casse, già povere, delle nostre amministrazioni alla volta dei forzieri della Siae, la quale, dal canto suo, fa, naturalmente, di tutto per rendere difficile la vita alle poche amministrazioni che si ricordano di chiedere il rimborso, giacché, attraverso il proprio sito internet, le informa – del tutto illegittimamente ed arbitrariamente – che il rimborso può, al massimo essere chiesto entro novanta giorni dalla fine del trimestre nel quale si è versato l’equo compenso.
Insomma, la classica italianata dove, alla fine dei giochi, a farne le spese sono sempre i cittadini.