Libera dittatura di Facebook

“Una multinazionale è più vicina al totalitarismo di qualunque altra istituzione umana.” 
Noam Chomsky

“Le dittature si presentano apparentemente più ordinate, nessun clamore si leva da esse. Ma è l’ordine delle galere e il silenzio dei cimiteri.”
Sandro Pertini

“Ho messo mi piace al tuo commento !”

“l’ho bannato, era insopportabile !”

“ho mandato la segnalazione a Facebook e l’hanno bloccato per un mese”

“l’ho letto su Facebook”

“ti seguo su Facebook”

“metti le foto della festa su Facebook”

“condividilo su Facebook”

“ho avuto più di 1000 like !”

“scherzavo, dai, non hai visto la faccina su Facebook ?”

“ok, accetto la tua amicizia”

“basta, smettila o ti blocco su Facebook !”

“sei volgare, ora ti segnalo a Facebook !”

Quali saranno le conseguenze della presenza sempre più pervasiva di Facebook nelle nostre vite, nei nostri rapporti sociali ? Quali saranno gli effetti di aver dato in pasto ad una multinazionale statunitense quotata in borsa, la cui fonte di guadagno è la pubblicità mirata secondo le nostre attitudini comportamentali su Facebook ? E quali conseguenze ci saranno sulla nostra società a causa della dittatura delle informazioni di Facebook ? L’elezione di Trump negli USA ha aperto spiragli inquietanti sul futuro delle nostre democrazie, sempre più inquinate dai feed di notizie gestiti da Facebook. Feed gestiti in modo opaco, con algoritmi che possono mutare in qualsiasi momento cambiando la nostra percezione della società e del mondo esterno.

Ho l’impressione che il feed di Facebook tenda, più di ogni altra cosa, a soddisfare le mie aspettative. A mostrarmi notizie affini al mio pensiero, sollecitando una mia reazione attiva (“Mi piace“, condivisione o commento) per contribuire alla spirale di autoreferenzialità alla base del senso di gratificazione che si ha nell’uso di Facebook (“Wow ! Hai visto quanti like al mio post ?”).

Del resto, a che servirebbe un social network senza socialità, reale o fittizia ?

Una socialità surrogata, filtrata dallo schermo del PC o dello smartphone, limitata dal censore Facebook e gestita da un algoritmo che deve, prima di tutto, puntare gratificare ed invogliare alla reazione per massimizzare la presenza degli utenti on-line. Perché più tempo passiamo sul social, più annunci pubblicitari ci vengono mostrati e più Facebook guadagna.

Ma, al di là del semplice scopo pecuniario, Facebook sta diventando un soggetto sempre più preponderante nelle nostre vite. Sta, lentamente, sostituendo con una realtà fittizia il nostro modo di socializzare. E se la società sta via via migrando i suoi legami su una piattaforma virtuale di proprietà di una multinazionale, anche la democrazia è a rischio. Perché affidare le nostre opinioni a strumenti che filtrano e gestiscono i pensieri e le opinioni dell’intera collettività creerà una visione distorta della realtà. E la nostra democrazia, per come la conosciamo, formata dalle decisioni prese dagli oltre 47.000.000 di elettori italiani, sarà influenzata dall’algoritmo di Facebook. Da un algoritmo che non solleciterà la nostra coscienza critica ma che, tutt’altro, sosterrà il nostro pensiero, le nostre opinioni, le nostre idee, rafforzandole.

La realizzazione digitale del Ministero della Verità immaginato da Orwell il 1984.

L’aspetto drammaticamente più straordinario è che, incredibilmente, funziona.

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