“Dark day for internet freedom: The @Europarl_EN has rubber-stamped copyright reform including #Article13 and #Article11. MEPs refused to even consider amendments. The results of the final vote: 348 in favor, 274 against #SaveYourInternet”
Julia Reda, MEP
Hanno tentato fino all’ultimo di bloccare l’adozione della Riforma sul Copyright in votazione ieri al Parlamento Europeo: gli emendamenti soppressivi per gli articoli 11 e 13, la parte più controversa della riforma, sono stati respinti per una manciata di voti (in un caso, per 5 voti di differenza).
Alla fine, con 348 voti a favore e 274 contrari (più 36 astenuti), la Riforma Europea del Copyright è stata approvata, compresi gli articoli 11 e 13, quelli della “link tax” e del “filtro in upload“.
Sul portale VoteWatch Europe è disponibile un lungo e dettagliato editoriale sul tema, “Winners and losers of Copyright war in the EU Parliament“:
The controversy of the new Copyright Directive is that this legislation will have an impact on the business models of platforms such as YouTube, Google or Facebook. “This directive is an important step towards correcting a situation which has allowed a few companies to earn huge sums of money without properly remunerating the thousands of creatives and journalists whose work they depend on,” said the German rapporteur, Axel Voss (EPP).
In realtà, la riforma avrà soprattutto effetto sui contenuti di queste piattaforme, usate ogni giorno da milioni di utenti per informarsi e condividere materiale: il loro utilizzo sarà pesantemente limitato dall’obbligo di doversi dotare di upload filters capaci di identificare – e bloccare – materiale coperto da Copyright. Diciamo quindi addio all’uso di Youtube per vedere ed ascoltare gran parte del materiale pre-esistente, così come probabilmente sarà impedita – o comunque fortemente limitata – la possibilità di condividere su Facebook o altri social i link agli articoli sulla stampa o altre fonti di informazione: la link tax ne imporrà il pagamento!
Non si capisce, peraltro, come questa fortissima limitazione nella condivisione dei riferimenti (i “link”) abbia potuto trovare il sostegno di molte associazioni di professionisti dell’informazione, come bibliotecari (la posizione dell’AIB, fortemente contestata anche dal Partito Pirata, rimane per me un mistero), editori e giornalisti (che da mesi spingono per una rapida approvazione della riforma, compresi gli artt. 11 e 13): ho motivo di ritenere che tale riforma possa pesantemente penalizzare il loro lavoro, limitandone la diffusione, quando invece l’Informazione gioca un ruolo essenziale in ogni società democratica!
In Italia c’è voluta la “chiusura” per protesta di Wikipedia.it il giorno prima per poter vedere qualcosa sulla stampa mainstream, che di fatto ha praticamente ignorato la questione ed evitato accuratamente che arrivasse al dibattito pubblico: eppure si parla di una riforma che inciderà, bene o male, su tutti i cittadini Europei, Italiani compresi!
Nonostante i nostri sforzi e le proteste della comunità di #Wikipedia, di tantissime associazioni e di milioni di cittadini, la direttiva #copyright è stata approvata da @Europarl_IT. Grazie a chi ci ha aiutato a cercare di ribaltare un risultato che era segnato #SaveYourInternet
Wikimedia Italia
Anche se l’Italia non è stata tra i paesi europei maggiormente favorevoli alla riforma, trovo opportuno sottolineare come quasi tutti gli Europarlamentari del PD abbiano votato a favore della stessa (non facendo peraltro mancare tweet decisamente imbarazzanti a sostegno del loro voto…). Già dopo poche ore dall’approvazione, ha iniziato a girare in rete una tabella riepilogativa delle decisioni espresse dai nostri rappresentanti al Parlamento Europeo:
Adesso, la Riforma del Copyright ha praticamente la strada in discesa per la sua attuazione definitiva, che dovrebbe avvenire entro due anni dalla sua approvazione: non nego che, a circa due mesi dal rinnovo del Parlamento Europeo, la mia speranza è che la prossima legislatura abbia la forza, la volontà e la capacità di emendare la riforma (con l’elezione di una maggioranza di europarlamentari più sensibili al tema della libertà in Rete), impedendo che i famigerati articoli 11 e 13 della stessa possano mai vedere la luce.