TL;DR Un istituto scolastico pugliese, nell’ambito di un progetto di scuola digitale, ha chiesto ai genitori di alcuni bambini della primaria e secondaria di acquistare un iPad dedicato allo scopo, con spese non indifferenti a carico delle famiglie e sollevando comprensibili proteste.
Mi ha colpito non poco una notizia in merito a un Istituto scolastico di Bari che, nell’ambito di attività didattiche previste (a dire dell’Istituto stesso) dal Piano nazionale per la Scuola Digitale, ha praticamente imposto ai genitori degli alunni coinvolti l’acquisto di un Apple iPad. Genitori che, trovandosi a dover acquistare un dispositivo elettronico dal prezzo decisamente poco popolare, non hanno mancato di sollevare condivisibili lagnanze, alle quali la Direttrice scolastica ha risposto –sempre da quanto si apprende dai virgolettati dell’articolo citato– “Dal 2015/2016 esiste un Piano nazionale per la Scuola digitale oltre alla Legge 107, e il ministero impone un curriculum digitale abolendo la distinzione tra classi digitali e classi tradizionali. Tutti i nostri docenti hanno fatto 120 ore di formazione e sono ora Apple Teacher”.
La prima domanda che mi è balzata in mente è stata: ma perché Apple Teacher? O, meglio, ma perché proprio la scelta di avvalersi di soluzioni Apple?
Qualche possibile risposta arriva dalle diverse circolari presenti nel sito web dell’istituto in questione, iniziando da quella diramata nell’agosto 2020, dove si ricorda che “per frequentare i corsi digitali, è necessario che ogni alunno possegga un iPad“:
A cui, nella ulteriore circolare sulla “Trasmissione Informativa e Dichiarazione di consenso servizi digitali” inviata a tutti i genitori degli alunni, si trovano, a mio modestissimo parere, delle indicazioni discutibili da parte della Dirigente Scolastica:
Nota di colore, la URL e relativa password per accedere alla convenzione sono state inserite in chiaro, più volte, nel documento pubblicato nel sito Web (per la cronaca, la pagina web a oggi restituisce che la convenzione è in revisione).
Il genitore dovrà quindi scegliere se prestare o meno il consenso affinché una società privata installi e attivi i servizi sull’iPad acquistato dalla famiglia, ovviamente a carico della famiglia stessa, per essere usato da un minore (parliamo di scuole primarie e secondarie di primo grado) in ambito scolastico.
Insomma, sarà che lavoro nel campo della cybersecurity e ho una naturale inclinazione a vedere alcuni aspetti, ma francamente l’idea che su un iPad che userà mio figlio (da me pagato e, quindi, di mia proprietà) una società installi del software MDM (Mobile Device Management, in sostanza un software per controllare le funzionalità del dispositivo) non mi entusiasma per niente.
Con tutto il rispetto per la società in questione, ovviamente, che sta semplicemente offrendo un servizio previsto dalla sua mission aziendale, andiamo a vedere un’altra circolare della scuola in questione “indicazioni operative relative all’utilizzo dell’iPad per le classi che hanno attivato i servizi in remoto MDM“:
Quindi, per ricapitolare: devo acquistare un iPad per mio figlio, devo pagare la ditta da Voi scelta per l’installazione del software di controllo da remoto dello stesso e, dulcis in fundo, pure rinunciare a educare mio figlio a proteggere il dispositivo attraverso un codice di accesso personale (“come da Regolamento Istituzionale” sic!) e, se viene smarrito un dispositivo così costoso, ovviamente l’Istituto non se ne assume alcuna responsabilità.
Che poi, acquistare un iPad per fare cosa? Ecco cosa:
Ho provato a dare uno sguardo al Piano Nazionale della Scuola Digitale, a cui la Dirigente fa riferimento per giustificare questa iniziativa, ma non ho trovato traccia di queste indicazioni, né del fatto che una Scuola Pubblica debba avvalersi di (onerose) soluzioni proprietarie, a carico dei genitori stessi, per realizzare queste attività basilari, ottenibili senza grande sforzo anche con soluzioni tecnologiche meno costose.
Fa sorridere che la Dirigente protesti che “Se il ministero ci desse i soldi per comprare device per tutti, saremmo ben lieti di farlo […] purtroppo così non è. Sarà pubblicato un bando per consentire alle famiglie con Isee basso di ricevere il tablet in comodato d’uso, ma per il resto non possiamo frenare l’innovazione a causa di una resistenza tutta italiana alla scuola digitale“.
Attenzione: Non-possiamo-frenare-l’innovazione
Esattamente, di quale innovazione parliamo? Di questa, presente in una ulteriore circolare “attivazione account per supporto digitale a.s.2021/2022“?
Per concludere, in tutta sincerità non me la sento di addossare tutte le responsabilità sull’Istituto e sulla sua Dirigente. Voglio sperare che sia stato solo un enorme, tragico, malinteso e che i bambini non siano discriminati su chi può permettersi un iPad e chi no. Ma qui la questione è di altra natura, ovvero di come la Scuola Pubblica Italiana intende il concetto di “innovazione digitale” e di come, nell’attuazione, proponga soluzioni discutibili alla luce sia degli aspetti di sicurezza (parliamo di minori, non dimentichiamolo!) che di opportunità.
Credo che il mondo della Pubblica Amministrazione Italiana, scuola inclusa, dovrebbe puntare a essere inclusiva, non esclusiva. Abbiano normative sull’accessibilità, il CAD e il GDPR, oltre a tantissimo software FOSS (Free Open Source Software) che i ragazzi possono usare, studiare e migliorare, contribuendo alla loro crescita culturale e a quella della collettività. Senza costi di licenza, senza vincoli, permettendo anche ai meno abbienti di accedere alla conoscenza. Quale miglior incubatore, quindi, se non proprio la scuola pubblica, per diffondere buone pratiche di libertà e consapevolezza digitale?