“8 milioni di tonnellate di plastica finiscono ogni anno nei mari del mondo e, entro il 2050, potrebbe esserci più plastica in mare che pesci.”
WWF
E’ difficile parlare di temi complessi come la plastica nei nostri mari. Soprattutto se, come il sottoscritto, non è un esperto della materia. Racconterò pertanto quanto accaduto oggi, su una spiaggia dell’Isola d’Elba, nella speranza che sia la “goccia” per far traboccare il vaso dell’omertà che sembra aggirarsi intorno al tema della plastica nell’ambiente.
Le immagini parlano da sole. Immaginatevi di arrivare in spiaggia, con vostro figlio di 3 anni –tutto emozionato perché è al mare!– per mano e trovarvi davanti uno spettacolo simile. Riuscireste davvero a rimanere impassibili? Sareste capaci, con non chalance, di dire a vostro figlio “vai, su, a fare un bel bagnetto!”?
Lo ammetto: mi sono sentito responsabile. Responsabile nei confronti, prima di tutto, di mio figlio e di tutti gli altri bambini che si troveranno a vivere in un ambiente infestato da plastica. Plastica che ormai è ovunque, come dicono molti studi anche dell’Unione Europea
Le quantità di microplastiche presenti negli oceani sono in aumento. Nel 2017 l’ONU ha dichiarato che ci sono 51mila miliardi di particelle di microplastica nei mari, 500 volte più numerose di tutte le stelle della nostra galassia.
Microplastiche: origini, effetti e soluzioni, Unione Europea, 2018
Il problema è davvero serio, e non è certo limitato al non “poter fare il bagno“: le plastiche e microplastiche sono ormai nella catena alimentare, compresa acqua e birra!
Possiamo ancora aspettare nel cercare una soluzione, anche drastica, al problema? Secondo me NO. Credo che non sia sufficiente quanto fatto fino ad ora, anche da parte della EU (parlo ad esempio delle politiche per la riduzione delle plastiche monouso dal 2020): basta entrare in un qualsiasi supermercato o negozio per rendersene conto. Per rendersi conto che se non riduciamo l’uso superfluo delle plastiche, il loro impatto non potrà ridursi! Davvero abbiamo bisogno di avere le “fette biscottate” plastificate due a due per “mantenerle fragranti nel tempo”? Davvero servono 4 strati di plastica per avere l’acqua, il sapone o le caramelle? Davvero dobbiamo gettare, non appena tornati a casa dopo la spesa, decine di imballi utili solo per il confezionamento?
Tornando alla spiaggia, l’indignazione è stata comune. Così come subito alcuni bagnanti (compreso il sottoscritto) si sono attivati (le buone azioni sono contagiose!) per ripulire, meglio che potevano, con gli strumenti a disposizione.
C’era davvero di tutto, da tappo di plastica a buste a pezzi di reti. Confezioni di ogni tipo, compresi gli onnipresenti assorbenti igienici e cottonfioc. Alla fine ne abbiamo riempiti tre sacchi, di questa plastica. E molta è sfuggita alle nostre mani, tanto era piccola. Molta era anche sul fondo, a conferma di quanto riportati da alcuni studi: solo l’1% della plastica in mare rimane a galla.
Se da un lato inizia a esserci la percezione del problema e anche la sensibilità al tema sta crescendo, dall’altra rimane l’amarezza dell’assenza di decisioni forti da parte delle istituzioni, che lasciano noi cittadini inermi davanti a questo scempio ambientale, che non esito a definire una vera e propria emergenza.