Progettato per rompersi

“People everywhere are today disobeying the law of obsolescence. They are using their old
cars, their old tires, their old radios and their old clothing much longer than statisticians had
expected on the basis of earlier experience.”
Bernard London, 1932

Acquistereste mai qualcosa che già sapete avrà un tempo di vita predeterminato ? Probabilmente no. Eppure tutti noi lo facciamo, ogni giorno, perché le aziende hanno tenuto nascosto molto bene, per decenni, le loro strategie relativamente all’obsolescenza programmata dei loro prodotti.

Un esempio su tutti: le lampadine per l’auto, quelle abbaglianti ed anabbaglianti.

Sarà solo una coincidenza ma si fulminano quasi sempre in coppia, o comunque a brevissima distanza l’una dall’altra. Non a caso, molte confezioni di lampadine di questo tipo ne contengono una coppia. Comunque no, non è un caso: chi fabbrica queste lampadine le costruisce avendone già calcolato il tempo massimo di vita. E’ questa l’obsolescenza programmata, un tema di cui si dibatte da decenni. E l’Europa, finalmente, ha deciso -blandamente- di prenderne coscienza e reagire, chiedendo alle Aziende di costruire apparecchi durevoli e più facili da riparare. Le raccomandazioni, approvate dal Parlamento Europeo, includono:

  • robust, easily repairable and good quality products: “minimum resistance criteria” to be established for each product category from the design stage,
  • if a repair takes longer than a month, the guarantee should be extended to match the repair time,
  • member states should give incentives to produce durable and repairable products, boosting repairs and second-hand sales – this could help to create jobs and reduce waste,
  • consumers should have the option of going to an independent repairer: technical, safety or software solutions which prevent repairs from being performed, other than by approved firms or bodies, should be discouraged,
  • essential components, such as batteries and LEDs, should not be fixed into products, unless for safety reasons,
  • spare parts which are indispensable for the proper and safe functioning of the goods should be made availableat a price commensurate with the nature and life-time of the product”,
  • an EU-wide definition of “planned obsolescence” and a system that could test and detect the “built-in obsolescence” should be introduced, as well as “appropriate dissuasive measures for producers”.

Anche sul tema della riparabilità, sono sempre di più i prodotti il cui intervento dei centri di assistenza è difficile: pensiamo agli smartphone, sempre più piccoli, con plastiche ad incastro, senza viti, con batterie incorporate e progettati per non essere aperti. Tali caratteristiche, che già dovrebbero scoraggiare il potenziale acquirente, in realtà sono una delle strategie che permettono alle aziende di guadagnare un sacco di soldi: pensate al vantaggio di poter produrre un bene e di sapere, più o meno esattamente, quanto sarà la sua vita ! Questo avviene per gran parte degli apparecchi elettrici ed elettronici oggi in commercio, progettati coscientemente per durare un tot numero di anni, di lavaggi, di ore di accensione.

Guardate la foto di copertina: l’ho scelta di proposito. E’ una lampadina accesa da oltre 116 anni, a Livermore, USA. Prodotta dalla General Electrics, ha addirittura il filamento in carbonio. Eppure, dopo 116 anni, è ancora accesa.

La storia dell’obsolescenza programmata inizia negli anni ’20 del secolo scorso, con il famoso e misterioso “Cartello Phoebus”, un accordo sottoscritto nel 1924 da tutte le grandi industrie di lampadine per stabilire anche la durata massima delle lampadine prodotte, che era di 1000 ore, pena una sanzione. Sulla cospirazione, ovviamente segreta, è stato realizzato il documentario The Light Bulb cospiracy, disponibile anche su Youtube:

Questo fu l’inizio della politica industriale che ha condizionato l’ultimo secolo del Pianeta: costruire oggetti programmati per durare un tempo prestabilito, così da garantire profitto e longevità alle aziende produttrici.

Come consumatori, in attesa che la politica trovi il coraggio per affrontare seriamente il problema (l’atto approvato dal Parlamento Europeo è solo una serie di “suggerimenti” e “consigli”), cosa possiamo fare ? Innanzitutto scegliere prodotti progettati per durare, facili da smontare, da riparare e con pezzi di ricambio disponibili liberamente. Con la Rete, oggi, è ancora più semplice scegliere prodotti e merci open. E poi è necessario un radicale cambio delle abitudini, cercando di limitare il più possibile la quantità di rifiuti che gettiamo via: non è facile, anche perché il mercato spinge i prezzi sempre più in basso e spesso è economicamente sconveniente riparare un oggetto invece che acquistarne uno nuovo (ed è esattamente ciò che il mercato vuole).

Certo è che dopo l’ubriacatura consumistica degli anni ’70,’80 e ’90, qualcosa sta cambiando, testimoniato anche dal sempre maggiore mercato dell’usato, finalizzato appunto al riuso dei prodotto. Un mercato in rapida crescita, non solo sul web, che sta crescendo insieme al cambio culturale delle nuove generazioni, più attente agli aspetti etici ed ecologici dei loro predecessori.

 

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