“La libertà è il potere di fare ciò che è bene, non ciò che piace.”
Che la Russia di Putin non fosse proprio un caposaldo delle libertà civili già lo sapevamo (“Not free“, secondo la Freedom House). E sapevamo anche che sul fronte “cyber” sono piuttosto attivi, da anni.
Non sorprende quindi più di tanto il tentativo di bloccare i media che non riescono a controllare, come Telegram. E ci hanno provato usando, come scusa, che Telegram è stato utilizzato dagli attentatori che fecero esplodere delle bombe nella metro di San Pietroburgo il 3 aprile 2017, provocando 15 morti e oltre 100 feriti. Non è certo una novità che l’app di messaggistica Telegram finisca sotto i riflettori per essere stata utilizzata da terroristi o criminali: più per gossip che per reale volontà di fare informazione, visto che Telegram viene usato ogni giorno da milioni di persone in maniera totalmente lecita.
E’ comunque chiaro che la posizione del suo fondatore, Pavel Durov, sia fortemente incentrata sulla volontà di garantire privacy e riservatezza, anche a fronte di richieste governative: da qui il reale motivo di scontro con il governo Russo, che proprio in questi giorni sta bloccando milioni di indirizzi IP nel tentativo di impedire l’accesso al network da parte dei cittadini sovietici. Peraltro, a quanto pare, senza riuscirci completamente.
Privacy is not for sale, and human rights should not be compromised out of fear or greed. https://t.co/ACsCvk6WFx
— Pavel Durov (@durov) April 13, 2018
Un braccio di ferro, quello tra Russia e Telegram, che rischia di trascinare nella diatriba anche altri giganti del web, come Apple, Google, Amazon e Microsoft, ringraziati con un tweet della ACLU –Unione Americana per i Diritti Civili-, condiviso anche da Durov, per non aver ceduto alle pressioni del governo sovietico aiutando Telegram a sfuggire alla censura:
We call on @Amazon, @Google, @Microsoft, and @Apple to resist Russia's internet censorship campaign.
Stand for human rights by ensuring @Telegram's access to their platforms and allowing them to change IP addresses without limit. https://t.co/bP668FnOt2
— ACLU (@ACLU) April 18, 2018
La battaglia in cui il governo russo ha deciso di imbarcarsi non è certo delle più semplici, considerata la complessità della Rete e dalle infinite scappatoie possibili (come ad esempio le VPN…) per aggirare i blocchi censori. Del resto il dibattito sulla libertà della Rete, favorita dall’architettura decentrata e dalla neutralità della stessa (almeno per ora) è più vivo che mai. E su questo scenario, come su altri, si giocherà il futuro di Internet e degli strumenti di comunicazione, sempre più sofisticati e decentrati. Se mai, infatti, Telegram dovesse spostare la sua architettura su un sistema P2P (Peer-to-Peer), come preannunciato tempo fa proprio dal suo fondatore, sarà praticamente impossibile bloccarlo. Del resto, se mi permettete, colpire uno strumento solamente perché usato anche in modo criminale è stupido e profondamente antiliberale: don’t shoot the messenger !
Foto di copertina: “Bombs”, 1968 da /r/PropagandaPosters