Quo vado ?

Dopo anni che non entravo in un cinema, sia per la difficoltà logistica di averne uno decoroso vicino casa (Siena) che per i prezzi decisamente esosi, approfittando sia del giorno di festa che dell’inizio dei saldi, ieri sera sono stato al cinema multisala di Sinalunga a vedere l’ultimo film di Luca Pasquale Medici, in arte Checco Zalone: “Quo Vado ?” Bello il cinema, comode e spaziose le poltrone ed intelligente la disposizione in pendenza (così che un eventuale spilungone o capellone seduto davanti a te non ti ostacoli la vista dello schermo). Prezzo in linea con le altre sale, se non l’antipatico sovrapprezzo della prenotazione on-line (ti faccio risparmiare tempo e tu mi fai pure pagare un euro di commissione in più ?)  e gli ancora più antipatici 30 minuti (!) di pubblicità prima della proiezione.

Simpatico il film, decisamente divertente dall’inizio alla fine. Trama leggera ma tragicamente reale di quello che è accaduto sulla sciagurata buffonata della finta abolizione delle provincie, tutta incentrata sull’attaccamento al “posto fisso”, un tempo chimera dell’italiano medio.

Da dipendente pubblico, è impossibile non riconoscere almeno un fondo di verità nell’immagine stereotipata dell’italiano medio e della società in cui è immerso, dove la vera sfida è galleggiare cercando di non affogare. Ed il “posto fisso” è un bel salvagente a cui tutti vorrebbero aggrapparsi, nell’incertezza del futuro e lo spettro della disoccupazione.

Viene da riflettere sul perché simili film, dai Fantozzi ai Ficarra e Picone per arrivare a Checco Zalone, che ci mettono davanti alle contraddizioni di un Paese distrutto e alla deriva, hanno tanto successo. Forse per sdrammatizzare, con risate dal retrogusto amaro, una situazione nella quale ci sentiamo impotenti e che ci troviamo con le uniche scelte di provare galleggiare o abbandonare la nave che affonda (come tanti giovani hanno scelto di fare, fuggendo all’estero). Anche il montaggio stesso del film rinuncia ad avere una linea temporale profonda, svolgendosi tutto in un brevissimo periodo come a voler sottolineare l’eterno presente in cui questa Italia è immobilizzata. Senza futuro, senza passato. Attaccata alle tradizioni, alle consuetudini, ai legami familiari. Ed il ruolo dello Stato come datore di lavoro per fannulloni, che tirano a campare disperatamente aggrappati alla poltrona ed ai loro piccoli privilegi, senza alcuna meritocrazia. Il film è anche una denuncia alla tragica realtà dello spoil-system nostrano ed ai suoi effetti nella società, di cui tutti –dipendenti pubblici o meno– siamo responsabili.

 

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