Sovranità informatica

“Quando perdiamo il diritto di essere differenti,
perdiamo il privilegio di essere liberi.” 
Charles Hughes

Oggi pomeriggio un piccolo, insignificante trafiletto in una pagina su Internazionale di questa settimana, dal titolo “Sovranità informatica” riportato da un quotidiano cinese, ha catturato la mia attenzione.

In queste poche righe si riportava che il presidente Xi Jinping, il 16 dicembre, ha ribadito “l’inviolabilità della sovranità informatica di ogni paese” ricordando ovviamente che la Cina, con i suoi 650 milioni di “naviganti”, dovrebbe avere “voce in capitolo nella definizione delle leggi globali che governano la rete“.

Quelle che potrebbero essere liquidate come poco più che battute propagandistiche sono in realtà solamente l’ennesimo attentato alla libertà della Rete, già pesantemente limitata dalla censura attuata da alcuni paesi, come la Cina.

Per i governi autoritari e gli stati dove la macchina della propaganda si è sostituita alla normale libertà di informazione degna dei paesi democratici, la libera circolazione delle informazioni è considerata un pericolo. Non a torto, se pensiamo a tutti quei “sussulti di libertà” che Internet ha permesso di scatenare nel mondo, ad iniziare da quello Arabo. Ed anche nei paesi cosiddetti democratici, come in Italia, alcuni burocrati non hanno perso l’occasione di ridicolizzare sé stessi e le istituzioni con proposte bizzarre, come il “filtro anti-porno” adottato in Gran Bretagna a fine 2013 dal governo Cameron.

Ricordo subito, prima di proseguire, l’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani:

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 negli USA, anche le libertà personali hanno subito una forte restrizione con la scusa della “lotta al terrorismo”, tanto che l’NSA ha avviato un programma chiamato PRISM per controllare (illegalmente) tutte le comunicazioni in Rete. E non è stato né il primo né l’unico: ricordate Echelon ?

Internet è uno strumento potentissimo: annulla le distanze, scavalca i confini creati dagli uomini, permette la comunicazione di informazioni in tempo reale su scala planetaria. E’ probabilmente lo strumento che più ha rivoluzionato la nostra società, ancora prima che nascessero i social network ed i motori di ricerca. Oggi una società senza Internet è impensabile: significherebbe tornare agli “albori” della democrazia contemporanea, quando l’informazione era totalmente affidata ai media mainstream come la stampa, la TV e la radio. Un sogno per alcuni burocrati dispotici, che riuscivano molto più agevolmente a controllare il pensiero dominante e soffocare senza troppi clamori i focolai di sommossa.

Senza Internet, le rivolte democratiche contro i regimi autoritari del medio oriente non avrebbero mai potuto nascere: quale mezzo di comunicazione in tempo reale i cittadini avrebbero potuto usare per coordinare le azioni ? E come divulgare le idee rivoluzionarie che hanno fatto germogliare il seme della “primavera araba” ?

Anche le azioni estreme, come le iniziative di leakage tipo Wikileaks, Vatileaks etc etc…, hanno dimostrato al mondo intero tutta la potenza dirompente della Rete: la diffusione di documenti riservati attraverso il Web ha scatenato le reazioni indignate dei governi ma ha portato, nelle democrazie mature, una ventata di freschezza impensabile in altre epoche. Nessuno è al sicuro, nessun segreto lo è. Tra tecnici si dice, scherzando, che “l’unico computer sicuro è un computer spento, disconnesso dalla Rete, chiuso in un bunker” ed è così. Anche i sistemi di crittografia più moderni non possono garantire al 100% la segretezza delle informazioni ed agenzie governative ben finanziate e dotate di enormi potenze di calcolo avranno sempre gli strumenti per violarli.

Parallelamente, anche la comunità si è adeguata al rischio di restrizioni imposte dai governi, sviluppando sistemi informatici in grado di garantire un forte anonimato delle comunicazioni, come il Progetto TOR, che ha raggiunto un livello di evoluzione tale che qualunque utente, scaricando il browser opportunamente integrato dal loro sito web (TOR Browser), in pochi minuti può iniziare la navigazione anonima in rete (affascinante la storia del progetto TOR, nata dallo studio di due matematici “della US Naval Research Laboratory con lo scopo di proteggere le comunicazioni dei servizi segreti americani“).

Bypassare i firewall dei governi non è certo sempre facile ma la battaglia per i diritti civili può e deve continuare, difendendo la libertà della Rete ed il diritto di accedervi. Il nostro futuro dipende da questo, più di quanto si possa immaginare. La “sovranità informatica” appartiene a tutti, a tutti noi. Non a stantii burocrati.

 

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