Non ci facciamo mancare niente, in questo disastrato e drammatico 2020. La campagna elettorale a fine agosto, per le elezioni regionali e il Referendum sul taglio dei Parlamentari, è la ciliegina sulla torta di un anno indubbiamente “particolare”.
Fosse altro per il periodo, decisamente sfortunato (o fortunato, dipende ovviamente dai punti di vista), che vede ancora moltissimi italiani alle prese con le ferie (o in fase post-ferie) e con altri impegni, tra cui la riapertura delle scuole (ce la faremo?) e l’inizio dei rientri in ufficio.
Questa campagna elettorale, inoltre, la sto vivendo da candidato, quindi dovendo affrontare in prima persona tutta una serie di complicanze e novità rispetto alle precedenti.
Iniziamo dal divieto di assembramento. Che, per chiunque abbia fatto politica, sa quanto sia importante il rapporto diretto con gli elettori. Strette di mano, sorrisi, incontri e bagni di folla. Le campagne elettorali sono sempre state il momento privilegiato per vedere da vicino i propri eletti, poterci parlare, portare a casa una qualche promessa (prontamente sconfessata, ovviamente) o un bel selfie da mostrare agli amici.
Quest’anno, gli assembramenti sono pochi, limitati e, comunque, difficilmente riscuotono il grande successo del passato. E poi è opportuno (e obbligatorio) indossare la mascherina…
Già, la mascherina. Che copre una bella fetta del viso. Copre proprio quella parte, la bocca, che contribuisce enormemente, attraverso la mimica facciale, alla comunicazione. Che si compone -vado a memoria- del 20% di verbale e 80% di paraverbale. Con la mascherina, gran parte del paraverbale va a farsi benedire. Sarà per questo che, intervistati, la tolgono sempre? O che, quest’anno, si consacra definitivamente l’ingombrante presenza dei social network tra i media utilizzati per la propaganda…
Proprio loro, i social network. Piattaforme private di società transnazionali che sfuggono al controllo e, soprattutto, alla legislazione sulla propaganda elettorale. Che è rimasta ancora a 20 anni fa, quando gli unici mezzi di informazione erano in broadcast: TV e giornali. La cui rilevanza oggi è sempre più erosa dalla Rete e dai social network. Che non devono sottostare alla legge sulla par-condicio né al silenzio pre-elettorale. Se alle ultime elezioni ci fu chi spese fior di soldi in inserzioni Facebook (anche oltre 50.000€), non c’è da stupirsi se questi investimenti aumenteranno. Chi più paga, infatti, più sarà presente sul feed di ogni italiano presente su queste piattaforme. Senza limiti (se non quelli previsti dalle spese massime ammesse – Art. 7 L. 515/93 modificato con L. 22/06 “Limiti e pubblicità delle spese elettorali dei candidati”) e, soprattutto, senza dover sottostare a dover apparire come gli altri. Peraltro, con queste temperature ancora gradevoli di fine estate, saranno pochi a stare davanti alla TV a sorbirsi i confronti pre-elettorali. Ma saranno tanti che, anche sotto l’ombrellone, scorreranno distrattamente il proprio feed di Facebook, Instagram, Twitter…
Una riflessione doverosa anche sul fatto che tutte le piattaforme di social network citate, che sono indubbiamente quelle con la maggiore penetrazione su mercato (quasi un monopolio), sono private. Dove le regole del gioco sono indicate da un contratto d’uso e che, in ogni caso e in ogni momento, il padrone di casa può decidere di sospendere un account, non accettare una inserzione pubblicitaria (ad esempio, Facebook mi ha negato la promozione di un post dove avevo scritto “la Mafia è una montagna di merda!“) etc etc etc
La propaganda politica si sta spostando prepotentemente dai media tradizionali (TV, giornali) a quelli sulla Rete. Che ormai è una vera e propria zona di conflitto, dove operano agenzie specializzate in propaganda (cercatevi “La bestia” di Salvini, ad esempio) capaci d’incidere in modo molto efficace sulla percezione della realtà e, di conseguenza, anche polarizzare l’opinione pubblica su certe tematiche.
Se il legislatore non è pronto ad affrontare questa novità, rinunciando a regolare le regole del gioco elettorale, immaginatevi il resto.