A proposito della geolocalizzazione nelle situazioni di emergenza

“Il paradosso dei nostri tempi è che abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità sempre più basse, autostrade sempre più larghe, ma orizzonti sempre più ristretti.”
George Carlin

Sarebbe facile ridurre la morte di Simon Gautier, giovane escursionista francese di 27 anni disperso nella zona del Cilento, a una tragica fatalità. In realtà, man mano che passano le ore, quella che si delinea è l’ennesima tragica situazione di arretratezza italiana sul fronte della sicurezza. Al di là delle notizie sull’emorragia che avrebbe provocato la morte di Simon in poco tempo, l’assenza del sistema AML – Advanced Mobile Location – ha sicuramente reso più difficile i soccorsi.

Narrano le cronache che la chiamata al servizio di emergenza effettuata da Simon non conteneva elementi precisi in merito alla posizione dell’escursionista. Anche l’analisi del segnale del cellulare, spentosi poche ore dopo, triangolando sulle celle della rete mobile, non avrebbe aiutato più di tanto, circoscrivendo comunque una zona di ben 143 kmq.

È in queste situazioni che il sistema AML (o anche ELS -Emergency Location Service-) diventa un importantissimo strumento salvavita, comunicando la posizione precisa dello smartphone da cui parte la chiamata verso il servizio di emergenza. Ovviamente, per funzionare, ha bisogno sia di uno smartphone compatibile (i terminali Android dalla versione 2.3.7 “Gingerbread” in poi sono tutti abilitati, gli iPhone da iOS 11.3 in poi) che della Rete cellulare predisposta. E qui casca l’asino, perché solamente in alcune zone del nostro Paese il servizio AML è disponibile.

Ma cosa fa esattamente il sistema AML?

Quando lo smartphone abilitato al sistema AML rileva una chiamata al servizio di emergenza, automaticamente attiva anche il servizio di geolocalizzazione (grazie al ricevitore GPS e/o WiFi) e invia, attraverso un canale appositamente predisposto, le coordinate del chiamante. In Gran Bretagnia, dove il sistema è nato ad opera della British Telecom, questo ha permesso di geolocalizzare con precisione di 30mt oltre 60.000 chiamate al giorno al servizio di emergenza. E il sistema è stato poi esteso in altri Paesi, tra cui Austria, Belgio, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lituania, Olanda, Regno Unito, Slovenia, Norvegia, Islanda, Moldavia, Nuova Zelanda, Emirati Arabi e Stati Uniti. Una direttiva UE obbliga comunque i Paesi membri, Italia compresa, ad adeguarsi nel 2020.

Riportano alcune statistiche che “in around 36,600 cases per annum, emergency services take up to 30 minutes or more to find the location of the incident“: minuti che possono essere fatali, che possono fare la differenza tra la vita e la morte. E che il sistema AML tende ad azzerare, inviando contestualmente alla chiamata la posizione geografica.

In Italia a che punto siamo?

Il sistema AML/EMS in Italia non è ancora attivo, anche se il nostro Paese risulta tra gli sperimentatori del progetto Europeo. Al momento sono disponibili almeno tre sistemi simili, Where are U, GeoResq e FlagMii, che offrono funzionalità analoghe (ognuna con le sue caratteristiche e relativa “app”).

Se da un lato un simile sistema offre una ulteriore sponda ad attacchi informatici finalizzati alla geo-localizzazione degli utenti, i vantaggi sotto il profilo della sicurezza personale sono innegabili.

La mia personale speranza è che, come sottolineato dalla direttiva EU 2014/53/UE e dalle successive integrazioni e visto che i “sistemi operativi installati su più del 95 % di tutti gli smartphone in Europa supportano il sistema AML“, sia dato seguito il prima possibile al progetto europeo HELP112.

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