“Non ti chiedere se perderai i dati, ma quando.”
Legge dei backup
Tanto anni fa per spostare i dati da un posto all’altro si usavano i floppy disk. Forse alcuni dei miei lettori neanche ne avranno mai visto uno, soprattutto quelli più vecchi da 5,12″. Erano dei dischi di materiale ferromagnetico protetti da uno strato di plastica quadrato, che si inserivano in appositi lettori e capitava piuttosto spesso che si rompessero, rendendo impossibile recuperare i dati.
Dopo i floppy disk, venne l’era (piuttosto breve, per la verità!) dei dischi Zip della IOMega, che contenevano la bellezza di 100MByte di dati: una vera manna dal cielo, paragonata ai 720KByte o 1,44MByte dei floppy!
Arrivarono poi i CD-ROM e i CD-RW, con i loro 650 (poi 700) MByte di spazio. Rispetto ai predecessori, almeno i CD-ROM garantivano una certa stabilità dei dati memorizzati: ROM è un acronimo per read-only memory, ovvero memoria a sola lettura. Scrivevi – o meglio, masterizzavi! – il CD e i dati erano lì sopra, almeno fino a che il supporto rimaneva leggibile.
Arrivarono poi le chiavette USB e i dischi SATA esterni (in realtà i dischi esterni già c’erano, SCSI, costosi, pesanti e ingombranti): due tecnologie che ancora oggi resistono, dopo anni, arrivando a dimensioni ragguardevoli. Che hanno, in qualche modo, creato l’illusione che si potessero usare questi supporti per salvare i file in sicurezza.
Avevo la tesi sulla chiavetta USB!
Chi ha perso la tesi per una chiavetta USB bruciata o l’intero archivio di fotografie per un HD rotto sa bene di cosa parlo ed ha imparato, a sue spese, l’importanza di fare uno o più backup dei dati.
Tutti i dispositivi elettronici, infatti, dalle chiavette USB agli hard disk, che siano SATA o i nuovi dischi a stato solido, possono rompersi o danneggiarsi improvvisamente, senza alcun avvertimento o avvisaglia. Basta uno sbalzo di tensione, una rimozione senza aver “smontato” il device, un crash del sistema operativo, per rendere i dati contenuti del tutto illeggibili.
La qualità è importante
Non è solo una questione di brand: la qualità della memoria delle pendrive non è tutta uguale. Non mi dilungherò sulle tecniche costruttive dei wafer di silicio ma, in questo caso, la qualità e il brand sono elementi importanti per valutare la qualità di una chiavetta USB. I brand più famosi sono Verbatim, SanDisk, Kingston, di cui però si trovano in commercio anche versioni tarocche a basso costo: conviene sempre affidarsi a rivenditori ufficiali, per essere sicuri di non acquistare un prodotto non conforme agli standard di qualità.
Stessa cosa per gli hard disk esterni: affidarsi ad un brand riconosciuto, come Samsung o Verbatim, da una certa sicurezza.
Valutate se i vostri dati meritano un piccolo investimento in più: spesso la differenza tra un prodotto di qualità e uno di fascia bassa è davvero di poche decine di euro.
Non esagerate se non serve
Con gli anni, le dimensioni delle memorie sono aumentate esponenzialmente: dalle prime chiavette di poche centinaia di MByte, siamo velocemente passati a decine di Giga per arrivare al Terabyte. Ovviamente l’aumento della dimensione mantenendo inalterate le dimensioni comporta una miniaturizzazione tecnologica che, talvolta, va a discapito della solidità.
Avere a disposizione tanto spazio, spesso oltre il necessario, innesca uno strano meccanismo psicologico che porta a riversare su queste chiavette anche il superfluo, ignorando che ogni cella di memoria ha un tempo di vita predeterminato: a seconda della tecnologia e della qualità, parliamo di 10,000 – 100,000 cicli di scrittura/cancellazione complessivi. Dopodiché la cella di danneggia, irreparabilmente.
Va un po’ meglio per gli hard disk: tecnologia diversa, caratteristiche diverse. Anche se gli HD sono più sensibili agli shock fisici (urti, cadute, scosse) rispetto alle pendrive.
Il mio consiglio è di acquistare ciò di cui avete veramente bisogno. Personalmente uso ancora una fantastica chiavetta da 2GByte della Kingston, a distanza di anni perfettamente funzionante, che ha visto morire diverse “colleghe” da 8 e 16 GByte. Esperienze simili con gli hard disk: più son capienti e più tendono a rompersi…
Aiuto! Ho perso tutto!
Nella peggiore delle ipotesi, la pennina USB diventa improvvisamente illeggibile: la inserite nello slot USB ma il PC non la rileva. Potete provare cambiando porta USB o riavviando il PC (potrebbe essere un problema di driver). Se continua ad essere non rilevata, mi dispiace ma potete dire addio ai vostri dati e sperare di avere una copia di sicurezza (backup) di quelli importanti.
Se la pendrive viene rilevata ma il formato del disco non viene riconosciuto, probabilmente si è danneggiata la FAT o la tabella delle partizioni. In questo caso potete tentare il recupero con alcuni strumenti software di recupero dati (ne parlo nel prossimo capitolo).
Con gli hard disk c’è qualche chanche in più: difficilmente muore la parte elettronica ed il recupero dei dati è quasi sempre possibile. Vediamo come.
Software per il recupero di emergenza dei dati
Brevemente, in ogni dispositivo di memorizzazione c’è una struttura, chiamata file system, che può essere immaginata come una specie di indice dei file. Qualcosa tipo “al settore 001-2 c’è amici.jpg, al settore 009-67 c’è tesi.rtf”. Se questo indice si danneggia, il sistema non sarà più in grado di capire dove sono memorizzati i dati. Si può tentare quindi la ricostruzione, attraverso una analisi settore per settore del disco con un software specializzato per il recupero dei dati, ad esempio PhotoRec (gratuito, per Windows, Linux, Mac) o EaseUS Data Recovery (a pagamento, con versione di prova gratuita, per Windows e Mac).
Questo software cercano di identificare i file e ricostruiscono l’indice dei file: non aspettatevi la perfezione assoluta ma, se non vi sono guasti fisici importanti (disco rotto, elettronica difettosa o bruciata), saranno in grado di recuperare quasi tutti i dati.
L’ultima chanche
L’ultima chance è l’invio della memoria ad un centro specializzato per il recupero dei dati. I costi sono piuttosto alti, sappiatelo, anche dell’ordine di qualche migliaio di euro. Ovviamente, anche in questo caso, non c’è alcuna garanzia di recupero del 100% dei dati contenuti, anche se il tasso di successo è decisamente più alto di altre soluzioni.
Backup e Cloud
L’unica vera soluzione, la più economica, per evitare la perdita di dati importanti è farne sempre almeno una copia di salvataggio. Esistono decine di soluzioni, anche automatizzate e più o meno centralizzate, per salvare automaticamente i dati importanti.
Oltre alle soluzioni cloud-like come Dropbox o MEGA, che portano con sé vantaggi e svantaggi, è possibile usare strumenti di collaboration come Google Docs per la redazione di documenti, Google Presentation per le presentazioni o Google Sheets per i figli di calcolo, con la garanzia di non perderli 🙂
Se la privacy è un fattore importante, potete puntare su soluzioni di private cloud come Nextcloud o quelle messe a disposizione dai produttori di NAS, come Synology Drive.
Potete scegliere soluzioni miste, come ad esempio un NAS ed un backup periodico su supporti rimovibili come DVD o hard disk esterni, da conservare con cura.
Conclusioni
La soluzione giusta dipende molto dal valore dei dati che dovete conservare, ovviamente. Dati preziosi vanno conservati in modo sicuro e protetto, che possa garantirne l’integrità e l’accesso. Dati meno importanti possono essere conservati anche su una chiavetta USB, accettando il rischio di poterli perdere da un momento all’altro.
L’importante è avere la consapevolezza del funzionamento della tecnologia che usiamo. Il resto, vien da sé.