“Non esiste nessun manuale che parli del problema essenziale della manutenzione della motocicletta: tenere a quello che si fa. Questo è considerato di scarsa importanza, o viene dato per scontato.”
Robert M. Pirsig
Questa è una di quelle questioni che tendiamo a ritenere superflue, almeno fino a che non si rompe qualcosa e la riparazione costa più del valore stesso del bene. Il che, considerando il progressivo abbattimento dei costi della tecnologia e l’aumento della complessità della stessa, è un principio quasi ragionevole.
Il diritto di provarci
Principio che vale per molti, ma non per tutti. Ci sono persone che magari per hobby o anche per lavoro, hanno il know-how per effettuare una riparazione o, almeno, potrebbero provarci. Ma spesso è proprio il provarci ad essere impossibile, perché le aziende produttrici si tengono ben saldi i manuali e le specifiche tecniche, non solo per proteggere la proprietà intellettuale (leggasi: brevetti) ma soprattutto per potersi garantire il controllo sull’enorme mondo dell’assistenza post-vendita del loro bene.
Chiunque abbia avuto una moto in quell’età in cui ci si diverte anche a capirne il funzionamento ed a smontare e rimontarne i vari pezzi, probabilmente avrà avuto a che fare con la ricerca del “manuale d’officina”, il preziosissimo manuale dove vengono descritte, nel dettaglio, tutte le operazioni di manutenzione e di riparazione della moto. Dal codice del ricambio alla posizione della singola vite, il “manuale d’officina” (come dice il nome) è quello di cui ha bisogno il meccanico per effettuare la riparazione. Ed è di proprietà dell’azienda produttrice, che se lo custodisce gelosamente così come i fortunati meccanici che lo hanno in dote.
Il ruolo della Rete
La Rete ha contribuito a rompere questo “cartello”, permettendo la diffusione di manuali d’officina spesso scannerizzati o semplicemente fotografati ma che, per l’utente medio, erano vera e propria manna dal cielo per potersi cimentare nelle riparazioni e nella manutenzione quotidiana. Meno felici saranno stati i meccanici e le aziende, ma questo non ha impedito loro né di effettuare le riparazioni a tutti coloro che non ne sono capaci in autonomia né, alle aziende, di vendere le loro moto. Anzi, in un certo qual modo la presenza del “manuale d’officina” era un interessante incentivo all’acquisto di quel modello.
Riassumendo, vi siete mai chiesti come mai non vengono mai fornite istruzioni di alcun tipo (escluso, per certe categorie merceologiche, un “manuale d’uso e manutenzione”) per le riparazioni in autonoma ? E neanche schemi elettrici o “esplosi” che potrebbero, in qualche modo, semplificarci la comprensione dell’oggetto appena acquistato ?
Il “nuovo” costa troppo poco
Una volta ricordo che insieme alle vecchie TV a tubo catodico fornivano anche, nel manualetto allegato, lo schema elettrico. Era un grande foglio ripiegato pieno di simboli e tracciati, difficile da capire. Certo, era ad uso e consumo dei “tecnici” ma, in qualche modo, l’azienda aiutava nella riparazione del proprio prodotto (all’epoca l’acquisto di una TV era un vero e proprio investimento).
Sarà forse l’abbattimento del costo della tecnologia ad aver, di fatto, quasi azzerato il mercato delle riparazioni ? Spesso, appunto, a seguito di un guasto importante conviene davvero acquistare un elettrodomestico nuovo che procedere alla riparazione. E questo vale non solo per le lavatrici o le TV ma anche per i PC, gli smartphone, le scarpe e molti altri oggetti di largo consumo ormai diventati veri e propri “usa e getta”.
Le conseguenze di questo “consumismo” sfrenato sono montagne di rifiuti, elettronici e non, da smaltire. E l’ambiente non ringrazia.
Certo, spesso è proprio il costo della riparazione a farci desistere. E questo vale per gran parte dei consumatori e delle situazioni. Ma, ad esempio, avete mai provato a riparare da soli un elettrodomestico guasto ? Io ci provo sempre, anche solo a capire cosa non va. Nel mio lungo elenco di tentativi ci sono successi (lavatrice aggiustata con successo ben 3 volte !) ma anche fallimenti (mia moglie ancora mi rimprovera per il suo vecchio smartphone…). Se i successi sono stati bravura, fortuna o semplice coincidenza, non lo so. Ma gli insuccessi sono spesso dettati dal fatto che non sempre è semplice capire come funziona un dato oggetto. Uno dei miei tentativi -falliti- più frustrante è stata la lavastoviglie. Improvvisamente smise di funzionare e si bloccava. Sul display un incomprensibile codice di errore ad uso e consumo esclusivo del riparatore. E sul “tavolo operatorio” non riuscivo a capire dove guardare e come verificare il funzionamento dei vari pezzi fino a che non intuii il difetto ma, a causa dell’impossibilità di verificarlo e dal costo non banale del pezzo di ricambio, preferii chiamare l’assistenza tecnica: il responso fu che.. .il pezzo rotto era proprio quello, per finire con 20€ per il ricambio e 70€ di manodopera ! Semplicemente il tecnico aveva lo schema e con un semplice multimetro digitale verificò il difetto: informazione che io non avevo, costatami *ben* 70€.
Posizioni dominanti
Certamente il tecnico e l’azienda autorizzata (dal costruttore) sono ben felici che sia così: hanno un ampio mercato garantito di riparazioni da effettuare, con il quale (sopra)vivere (emblematico il caso dei trattori della John Deere). Ma io, in qualità di consumatore, mi sento privato del diritto di scegliere su un bene di mia proprietà, come è la lavastoviglie o la lavatrice. Privato di poter scegliere da quale tecnico servirmi, dalla possibilità di fare in autonomia e anche di decidere dove e come acquistare il ricambio. E non importa se “perdo la garanzia” o se il costruttore poi non risponderà di eventuali danni o problemi (come per il caso delle auto Tesla): il tutto si traduce, semplicemente, in una limitazione dei miei diritti di godibilità di un bene che ho acquistato e costi aumentati per le necessarie riparazioni.
Tra l’altro vale la pena di notare come per certe tecnologie, come gli smartphone, la tendenza è sempre di più quella di avere apparecchi monolitici difficili anche solo da aprire, senza parti smontabili (neanche più le batterie, che durano circa 2 anni).
Il diritto di riparare
Sabato 20 Ottobre 2018, mentre nella mia Siena si correrà una carriera straordinaria, nel resto del mondo sarà celebrato il Repair Day 2018, giornata per la sensibilizzazione su questo importante tema.
Questa limitazione di libertà non piace a diverse persone ed associazioni che hanno deciso di unirsi nella Open Repair Alliance per sollecitare l’Unione Europea ad attivarsi nell’approvazione di una serie di normative per garantire al consumatore il “diritto di riparare”.
“Io non sono in grado di riparare niente !” non è una scusa per accettare una pesante limitazione della vostra libertà di decidere a chi e come far riparare il Vs bene, che sia l’auto, la caldaia, la TV o l’elettrodomestico.
Peraltro l’Italia, insieme all’Inghilterra e alla Germania, a livello europeo sono ostili all’introduzione di normative che permetterebbero al consumatore di poter intervenire in autonomia
on dishwashers, washing machines, fridges, lights, TVs, displays and servers could be adopted by the end of the year. They require that products can be disassembled and reassembled again, foresee mandatory provision of spare parts for several years, of documents and tools necessary for repair, designs that allow an easy access to the parts that could break, as well as provisions towards more cost-effective recycling.
Circular Economy – Brussels won’t do it alone
Open è meglio
Motivo in più per adottare, come consumatori consapevoli e sensibili alla problematica dell’inquinamento ambientale, scelte migliori. Ad esempio, sta prendendo sempre più piede un mercato di oggetti destinati a durare, secondo la filosofia del “buy it for life“, o comunque semplici da smontare e riparare, come ad esempio il Fairphone – “lo smartphone modulare, costruito per durare”.
Per concludere, vorrei smontare velocemente il mito del fattore “economico”: come per il software libero, prendendo esempio dall’esperienza interessante di Roomba che ha reso i suoi aspirapolveri intelligenti “hackerabili“, la filosofia “open” apre il mercato a possibilità inesplorate e nuove. E certamente chiudersi non ha mai impedito a chi realmente ne ha la voglia e la capacità di scoprirne i segreti. Certamente, normative di questo genere sono destinate a destabilizzare lo status quo di chi, sulle posizioni dominanti, ha costruito il suo “impero”. Ma questo può giustificarlo e, soprattutto, può giustificarci ?
*** AGGIORNAMENTO 18 OTTOBRE 2018 ***
Firma anche tu la petizione per sollecitare l’Unione Europea a Garantire il diritto alla riparazione: Garantire il diritto alla riparabilità nel pacchetto sull’economia circolare in Europa
3 comments
Caro Michele, grazie per il tuo interesse per Repair Day. Volevo segnalarti che c’e’ gia’ una petizione italiana su Change.or che sta andando molto bene sul tema del Diritto alla Riparazione – ti sarei grato se potessi unirti a quella esistente e promuoverla: https://www.change.org/p/garantiamo-il-diritto-alla-riparabilit%C3%A0-sergiocosta-min-karmenuvella-ep-president?
Grazie Ugo, avevo fatto una veloce ricerca per vedere se c’erano già petizioni attive, senza trovare niente. Ti ringrazio per questa tua gentile segnalazione che utilizzo subito per rettificare il mio articolo e sostenere la Vs petizione.