Andare dal medico di famiglia è sempre una esperienza sociale interessante. In genere, la quasi totalità degli astanti è ultrasessantenne, se non proprio ottanta/novantenni (che oramai rappresentano una discreta fetta della popolazione locale), intenti a discutere tra loro delle varie patologie e medicine, citando con un velato orgoglio la lista dei medicinali che assumono, come in una gara perversa a chi prende più pasticche.
Seduto, in attesa del mio turno, noto che gran parte degli anziani si conoscono ed approfittano dell’attesa per aggiornarsi dei vari pettegolezzi, in particolare per tutto ciò che riguarda lo stato di salute di amici, familiari e parenti. Del resto, quale migliore occasione se non durante l’attesa nell’anticamera dello studio del medico di famiglia ?
Chi arriva, dopo aver spalancato la porta a vetri, si affaccia e, con un rituale consolidato, chiede “chi è l’ultimo ?” al ché, l’ultimo arrivato, si trova a dover rispondere “io“. Guai a non rispettare il rito ! Io, perfetto anticonformista, non chiedo mai, limitandomi a guardare chi ho intorno e regolandomi di conseguenza, talvolta mi sono trovato ad esse quasi rimproverato con “signore, sono io l’ultimo !“, al quale non rimane altro da fare che rispondere con uno stitico “grazie“. Quando poi si crea il caos, per qualche attimo l’anticamera si anima di una discussione del tipo “sono arrivata io, il signore c’era già !” “si, è vero, l’ho visto bene…era già qui, prima di me !” “no, che dite ? E’ arrivato dopo, ne sono sicura !!!“, alla quale spesso segue un accordo e si può, così, riprendere con l’aggiornamento dello stato di salute al quale si aggiunge anche il nuovo arrivato.
Strano a dirsi, gli ometti sono i più terribili: forse colpiti da più acciacchi delle loro compagne, farciscono la lista dei farmaci e dei malanni con bestemmie ed imprecazioni, scuotendo la testa e sospirando rassegnati. Qualche volta capita che l’argomento si sposti sull’orto e sulle coltivazioni in generale, in una gara a chi ha avuto il raccolto più abbondante o la malattia più pesante, infarcendo il tutto di consigli più o meno validi.
Arriva poi il tuo turno. Guai ad attardarsi ! Gli altri non perderanno tempo a fartelo notare, con un tempismo degno delle partenze del gran premio: o che avranno da fare, questi pensionati ? Comunque entri dal medico, varcando la soglia di quella stanza, un misto tra un “tempio sacro della conoscenza medica” ed uno sgabuzzino da condominio anni ’60. Il medico, se si è fortunati, alza la testa e ti guarda. Altrimenti neppure solleva lo sguardo e, con voce stanca, ripete la frase di rito: “mi dica“. Al che tu provi a spiegare i sintomi ma dopo qualche secondo alza la mano, interrompe il monologo e pronuncia solenne “ho capito, prendi XYZ per due giorni, mattina e sera, e KYG tutta la scatola“. Nasce il dubbio: “avrà capito o vorrà solo imbottirmi di farmaci e liquidarmi ?“. Ti fidi, prendi la ricetta, ringrazi saluti e te ne vai. Mentre attraversi la sala di attesa noti gli sguardi incuriositi e già immagini i commenti, biascicando a mezza bocca uno stentato “buongiorno”.
Tempo di attesa: 1 ora. Tempo di presenza nello studio medico: 5 minuti. Risultato: qualche scatola di farmaci e tante informazioni inutili sullo stato di salute degli anziani del villaggio.