Le tasse che uno Stato fa pagare ai suoi cittadini dovrebbero servire, in primis, per poter erogare servizi e garantire i diritti inviolabili di ogni essere umano: la salute, la casa, la famiglia.
Il cosiddetto “pubblico” è proprio questo: la garanzia, costituzionalmente garantita, che ogni cittadino italiano ha diritto ad usufruire dei servizi messi a disposizione dallo Stato, grazie al pagamento delle tasse “in ragione della loro capacità contributiva” (Art. 53 Costituzione Italiana).
Prendiamo la sanità. Il sistema sanitario italiano era uno dei più evoluti al mondo (e ancora può vantarsene) in tema di garanzia di diritto alle cure: ogni cittadino, italiano e non, ha diritto ad essere curato, indipendentemente dalla sua posizione economica. Questo significa che sia il nullatenente che il direttore di banca hanno lo stesso diritto –e accesso– alle cure mediche (Art. 32 Costituzione Italiana).
L’unico obiettivo degli Stati è quello di dare fiducia ai mercati e di compiacerli. Al contrario banche e finanza non hanno nessun vincolo e nessun impegno verso governi o cittadini. Devono unicamente massimizzare i propri profitti. […] Finché le cose vanno bene moltiplichiamo i profitti, quando vanno male, per continuare a garantire profitti in doppia cifra e alimentare la speculazione basta spremere i cittadini e il pubblico. […]
Riabilitare l’idea di bene pubblico. Bisogna rendersi conto che non si tratta di un insieme di beni individuali e che la società non ne costituisce la somma, ma che è un concetto collettivo. Abbiamo bisogno di un nuovo progetto riformista, più credibile della socialdemocrazia e del Welfare tradizionali. E’ necessario reinventare lo Stato.