Voglio condividere sul mio blog alcune riflessioni relative al “nome“. Nome inteso come “nome proprio di persona“, come ci insegnano le maestre di italiano già dalle scuole elementari e come i nostri genitori, scegliendolo per noi, decidono di contraddistinguerci nella società.
Il nome, che ci identifica nella società, ci accompagna dalla nascita alla morte, ed anche dopo, nel ricordo dei nostri amici e parenti. Il nome, che impariamo già dalla nascita, che i nostri genitori ci ripetono continuamente nelle nostre orecchie sin da bambini. Il nome, che compare nei nostri documenti, nella nostra firma, negli attestati.
Il nome è anche uno dei segni più tangibili delle culture e delle tradizioni locali. Ad esempio, in molti paesi del meridione, ancora oggi usa di tramandare i nomi, come segno di rispetto, attraverso il meccanismo nonno -> figlio, nonna -> figlia, dando ovviamente –nella più classica tradizione patriarcale– la precedenza ai genitori paterni. Oppure, soprattutto quando poi i figli erano davvero tanti, si iniziava con i nomi in sequenza: Primo, Terzilio, Quintilio o Quinto, Sestilio o Settimio, Ottavio, etc etc…
Ci sono poi nomi tradizionali di certe zone, come ad esempio “Duccio” o “Lapo”, tipici della zona senese, oppure Carmela/Carmelo, frequente di alcune regioni meridionali, etc etc…
Comunque, tornando all’origine della riflessione, proprio oggi pomeriggio, mentre ero intento a fare acquisti, la radio all’interno del negozio trasmetteva un servizio sui nomi e le “mode”, come peraltro riporta un noto portale web, Gens.info:
La scelta è fondamentalmente condizionata dal livello di “cultura” intesa come responsabilità, indipendenza critica dai modelli imposti dallo spettacolo, dallo sport, dai mass media e in particolare dalla televisione. E questa cultura non è necessariamente identificabile con la condizione sociale ed economica, con la sfera di attività e il titolo di studio.
In questo servizio radiofonico, che sono riuscito ad ascoltare solo per pochi minuti, intervistavano una ufficiale dell’Ufficio Anagrafe di un comune del Mezzogiorno che, con evidente imbarazzo, confermava la triste tendenza di seguire le mode del momento per battezzare i proprio figli. In particolare, riportava l’intervistata, sono in aumento nomi come “Chanel“, “Chantal”, “Belen” o addirittura “Peppa” !
Certo, seguire le mode per i nomi non è certo una novità degli ultimi anni: ancora sono in vita molti “Benito“, “Adolfo“, “Stalino” se non proprio “Stalin” (anche equivalenti femminili) a testimoniare che le usanze non cambiano nel tempo.
Innegabile l’influenza della TV e dei nuovi mezzi di comunicazione, con la conseguente contaminazione di società e culture diverse (il fascino dell’America…), ha incrementato l’adozione di nomi al di fuori della consueta tradizione italiana.
Non che sia necessariamente sbagliato -la scelta del nome è soggettiva- tuttavia, a chi non è capitato, diciamocelo, di rimanere sorpresi magari sentendo una madre, italianissima, chiamare proprio figlio “Kevin“, “William” o “Chantal” ?