Sono ormai molti anni che, per motivi familiari, trascorro parte del mese di Agosto in un piccolo paesino del sud italia, Spinoso, Basilicata, 1538 abitanti (secondo l’ultimo censimento) arroccati su di un colle alle pendici del Monte Raparo, lontano da importanti vie di comunicazione (l’A3 SA-RC, raggiungibile via la Fondo Valle Agri, è a circa 40 minuti di macchina) e dalle città principali (Potenza, la più vicina, è a oltre 1 ora di macchina).
Paesi di questo tipo sono microcosmi autarchici dove la vita si svolge soprattutto nel paese, senza alcun contatto con il mondo esterno, escluso quei pochi turisti ed emigranti che rientrano a casa nei periodi di ferie (Agosto e Dicembre, sotto natale). Vita sonnacchiosa, tranquilla, senza eccessi. Scandita nel tempo dalle domeniche di festa, dalle processioni e dalle feste patronali. Anche il silenzio del paese è rotto dai colpi di clacson che tutti usano per salutare i conoscenti (praticamente tutto il resto del paese), dai pochi venditori ambulanti con gli altoparlanti che ripetono la stessa, monotona, nenia e dalle campane della Chiesa, che scandisce inesorabile il tempo quotidiano.
Stamani, recatomi al piccolo market per il pane (su 1550 abitanti il paese conta 5 alimentari, due bar, una pasticceria, un parrucchiere per signora ed un barbiere, due bazaar, una scuola elementare e media ed un presidio sanitario), arrivato alla cassa una fila enorme in attesa di pagare. E lì mi sono reso conto di quanto sono distanti i ritmi cittadini da questo luogo, guardando la cassiera che lentamente imbustava la spesa della cliente e si perdeva in chiacchiere di cortesia. Qui nessuno ha fretta perché non c’è molto da fare: se va bene, gli uomini lavorano e le donne stanno a casa, ad allevare i figli, a cucinare ed a fare le faccende domestiche. E non appena sono finite le incombenze domestiche, ci si siede fuori per la strada, a chiaccherare del più e del meno con le altre donne del paese, sempre nella stessa panchina, nella stessa sedia, sullo stesso scalone. Per gli uomini ci sono le panchine delle piazze ed i tavoli del bar, dove tra una birra ed una partita a carte, si trascorre il tempo in attesa della cena o di andare a letto.
Rituali quotidiani, solo sporadicamente intaccati dal calendario religioso (tra l’altro, a Spinoso c’è anche la comunità Evangelica) e dalle sue tradizioni, come le processioni alle quali prende parte l’intero paese. In queste occasioni sono gli uomini ad essere protagonisti, dandosi il cambio nel portare la statua lignea del santo per le vie, dietro alla banda ed al prete, che intona preghiere e litanie alle quali fa eco il codazzo dei restanti paesani.
Dicevo che qui si conoscono tutti. In realtà, a ben guardare, sono quasi tutti parenti tra loro ed imponendo la tradizione di dare ai nipoti il nome dei nonni, spesso si usa chiedere “di chi sei figlio tu ?” per ricostruire la discendenza ed individuare la famiglia di origine. Inoltre, qui si usa ancora dare del Voi, una forma di rispetto presente anche dentro le famiglie (usanza peraltro presente anche in Toscana nei confronti degli anziani, ai quali ci si rivolge con il Voi, anche tra figli e genitori) e la massima autorità del Paese sembra essere il parroco, al quale anche il Sindaco non esita mai a riconoscerne pubblicamente l’importanza forse perché il primo è “eletto” da Dio mentre il secondo (il Sindaco) dai suoi parrocchiani. Ed i parrocchiani, in un paese di 1550 anime, sono praticamente tutti, divisi tra cattolici, evangelici e testimoni di geova.
L’unico segno di metamorfosi, oltre al ricambio generazionale dovuto all’inesorabile avanzare degli anni, è dato dall’edilizia spregiudicata di questi piccoli paesi, dove la popolazione dimunisce ma i cantieri di nuove case aprono e, troppo spesso, rimangono aperti per decenni (se non proprio abbandonati): il valore delle case e dei terreni è talmente basso che ognuno si costruisce la propria villetta, soprattutto nella “periferia” dove si trovano le seconde case (estive) degli “esuli”. E mentre il centro storico, con simpatiche casette in pietra, si spopola e crolla, il paese si circonda degli orrendi palazzoni anni ’70/’80 delle zone PEP o di “villoni” dal dubbio gusto eststico con cantieri incompiuti per anni.
Anche la classe politica locale è bloccata nell’immobilismo temporale del paese, con il Sindaco (giunto al suo quarto mandato), gli assessori ed i pochissimi consiglieri, della cui attività si ha pubblicità solamente nelle chiacchere al bar e nelle poche ordinanze affisse alla bacheca comunale. L’ordine pubblico, affidato ad un vigile urbano, si limita giusto a qualche veloce giro di controllo anche perché il massimo della delinquenza che vive il paese è rappresentanta dalle marachelle degli adolescenti annoiati durante le calde notti estive.
Già, l’estate. L’estate è il periodo, soprattutto Agosto, quando il paese rinasce. Quando gli esuli e le loro famiglie tornano in patria e le strade si affollano di auto nuove e targhe straniere o del nord Italia. Quando le “comari” del paese hanno finalmente argomenti nuovi di che parlare ed iniziano a guardarti e poi, in coro, “Buonaseraaa“. E poi d’Agosto ci sono le sagre e le feste paesane, momento collettivo di festa e di orgoglio, alla cui realizzazione partecipa tutto il paese.
E poi, piano piano, il paese torna a spopolarsi. Rimangono solo gli anziani ed i pochi coraggiosi che hanno deciso di vivere qui. Si svuotano le strade, i bar, le pizzerie. Economia “di sussistenza” per trascinare il paese fino alla prossima estate, quando finalmente torneranno tutti al paese, per andare ancora avanti, un’altro anno.
Per chi ha visto I Basilischi, film di Lina Wertmuller, qui è ancora così. Arrivare al paese natale di mia moglie è come un tuffo nel passato, in una realtà dove il tempo trascorre immutato anni dopo anni. Pieno di tradizioni ancora vive, sentite, vissute. Paesi che nel loro isolamento hanno trovato l’ancòra di salvezza ad una società frenetica comandata dal dio denaro: qui di soldi, come di lavoro, ce ne sono pochi. Ma a sufficienza per vivere, anno dopo anno, estate dopo estate. E qui c’è sempre qualcuno pronto ad aiutarti, se hai bisogno di una mano.